L’inchiesta “SerlioSette”, che investe un ambizioso complesso residenziale in via Serlio, a Milano, sigla un’ulteriore tappa nel serrato lavoro di ricostruzione della legalità urbanistica che anima la Procura milanese.
La chiusura delle indagini, disposta dai pubblici ministeri Paolo Filippini e Mauro Clerici sotto la direzione dell’aggiunta Tiziana Siciliano, coinvolge un gruppo di sette persone, tra cui figure apicali di società promotrici e costruttrici, il responsabile dei lavori, il progettista e Carla Barone, ex dirigente dello Sportello Unico Edilizia, già sottoposta a indagine in procedimenti simili.
L’operazione SerlioSette non è un caso isolato, ma si inserisce in un quadro più ampio di devianze urbanistiche che sta emergendo a Milano.
Le accuse, che includono abuso edilizio, lottizzazione abusiva e presunte false dichiarazioni relative alla conformità edilizia, sollevano interrogativi sulla gestione e l’autorizzazione di interventi di trasformazione del territorio.
L’accusa sostiene che la realizzazione del progetto immobiliare, come in altre situazioni indagate, avrebbe dovuto obbligatoriamente precedere con la redazione di un piano particolareggiato, un atto che integra la pianificazione generale e che tiene conto degli impatti sociali, ambientali e infrastrutturali derivanti dalla nuova costruzione.
Invece, si ipotizza una procedura semplificata, basata su una convenzione tra l’impresa e funzionari comunali, eludendo il controllo e l’approvazione degli organi di rappresentanza democratica, come la Giunta e il Consiglio comunale.
Questa piega degli eventi non è solo una questione di procedure burocratiche.
Essa rivela una potenziale erosione dei principi fondamentali della pianificazione urbanistica, che mirano a garantire uno sviluppo sostenibile e condiviso.
La presunta omissione del piano particolareggiato impedirebbe un’analisi approfondita delle esigenze del territorio, favorendo, in ultima istanza, interessi privati a discapito del bene comune.
Particolarmente rilevante è anche la questione della “monetizzazione” delle aree destinate all’uso pubblico.
Questa pratica, ormai diffusa, consiste nel pagamento di una somma di denaro da parte dell’impresa per compensare la riduzione o la compromissione di spazi pubblici aperti.
La sua legittimità e la sua corretta applicazione sono oggetto di dibattito e, in molti casi, sollevano sospetti di pratiche corruttive mascherate.
L’inchiesta SerlioSette si colloca in un contesto più ampio di indagini parallele che interessano la Commissione Paesaggio e che ipotizzano l’esistenza di un sistema di corruzione strutturale.
In questa rete, secondo l’accusa, vi sarebbero figure di spicco dell’amministrazione comunale, tra cui l’ex assessore Giancarlo Tancredi.
Il lavoro di ricostruzione della legalità urbanistica intrapreso dalla Procura milanese è complesso e delicato, ma fondamentale per ripristinare la fiducia dei cittadini e garantire uno sviluppo urbano equo e sostenibile.
L’indagine SerlioSette rappresenta un tassello importante di questo percorso, evidenziando la necessità di una revisione profonda dei processi decisionali e di un rafforzamento dei controlli per prevenire abusi e devianze.








