Nunzio Samuele Calamucci, individuo coinvolto in un intricato caso di traffico illecito di informazioni sensibili, si trovava in possesso di un vasto archivio digitale contenente ben ottocentomila Sdi, acronimo che sta per “Segnalazioni di Indagine”. Queste preziose informazioni erano state ottenute dalla banca dati delle forze dell’ordine e rappresentavano un vero tesoro per coloro che operavano al di là della legalità. In una conversazione intercettata lo scorso gennaio con l’ex poliziotto Carmine Gallo, anch’egli coinvolto nell’indagine, Calamucci si vantava di possedere questa enorme mole di dati: “Ottocentomila Sdi, c’ho di là”, affermava con nonchalance.Ma le rivelazioni non finivano qui. In un’altra registrazione del novembre 2023, emergono ulteriori dettagli sconcertanti riguardanti le attività illecite condotte da Calamucci. Si parlava della necessità di “mettere da parte” una quantità impressionante di dati, precisamente “sei, sette milioni di chiavette che c’ho io”. Questo lasciava intravedere la portata dell’operazione illegale orchestrata dall’uomo che aveva tra le mani una vera e propria miniera d’oro digitale.I magistrati inquirenti hanno evidenziato la dimensione mastodontica dell’archivio gestito da Calamucci, stimandola almeno pari a 15 terabyte. Una mole impressionante di informazioni da manipolare e sfruttare a proprio vantaggio o a discapito degli altri. Tutto ciò emerge dai documenti ufficiali dell’inchiesta condotta dalla Dda di Milano, che gettano luce su un intrigo criminale che va ben oltre la semplice raccolta e conservazione dei dati sensibili.
“La miniera d’oro digitale di Calamucci: ottocentomila Sdi e sette milioni di chiavette”
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