La richiesta di accertamenti avanzata da Sergio Resinovich, fratello di Liliana, inasprisce ulteriormente le dinamiche investigative relative alla scomparsa della donna.
L’attenzione si concentra ora sulla figura della persona a cui Sebastiano Visintin consegnò il suo cellulare, dispositivo cruciale per ricostruire gli eventi che portarono alla sparizione di Liliana.
La consegna, a suo dire inspiegabile, desta sospetti e alimenta la necessità di una revisione accurata delle informazioni già in possesso delle autorità.
Sergio Resinovich, con fermezza, sottolinea l’importanza di un’analisi approfondita del rapporto tra questa persona e la titolare del negozio Wind 3, punto di riferimento cruciale nel percorso ipotizzato per Liliana il giorno della scomparsa.
Le discrepanze emerse, a suo dire, tra le versioni fornite dalla titolare stessa – contrasti tra dichiarazioni pubbliche e confidenze private – alimentano un quadro di opacità che richiede un’indagine puntigliosa.
La famiglia Resinovich, a quattro anni dall’evento traumatico, si trova a confrontarsi con una ricerca della verità ostacolata, una sensazione amplificata dalle contraddizioni che emergono dalle testimonianze.
L’atto di Visintin, la consegna del cellulare, è percepito come un elemento anomalo, un tassello che, una volta collocato correttamente, potrebbe rivelare aspetti significativi della vicenda.
L’insistenza di Sergio Resinovich non è solo un atto formale, ma una rivendicazione di rispetto nei confronti di Liliana, una richiesta di giustizia che non può essere più rimandata.
La memoria della donna, e il diritto alla verità della sua famiglia, sono considerati irrinunciabili.
La sua determinazione è una risposta a ciò che percepisce come tentativi di eludere la piena luce sulla scomparsa, un impegno a superare gli ostacoli e a perseguire la verità, costi qualunque siano.
La famiglia, profondamente segnata da questo lutto, rivendica il diritto a una memoria intatta e ad una giustizia compiuta.







