La comunità di Palmoli, un piccolo centro abruzzese incastonato tra le montagne, si è trovata al centro di un’accesa polemica che ha generato oltre settemila firme di sostegno a una famiglia anglo-australiana, scelta di vita radicale e controcorrente.
La vicenda, che trascende la semplice questione dell’educazione dei minori, solleva interrogativi profondi sul concetto di autonomia familiare, il diritto alla differenza, i confini dell’intervento dello Stato e il rapporto sempre più conflittuale tra l’uomo e l’ambiente naturale.
La famiglia, composta da due genitori e tre figli – una bambina di otto anni e due gemelli di sei – ha deliberatamente scelto di abbandonare le convenzioni sociali e le comodità moderne, optando per un’esistenza autosufficiente in un bosco, priva di connessioni alla rete elettrica, all’acqua corrente e al gas.
Questa scelta, motivata dal desiderio di offrire ai propri figli un’esperienza di vita autentica, immersa nella natura e lontana dall’influenza pervasiva della tecnologia, ha inizialmente suscitato curiosità e ammirazione, per poi sfociare in un acceso dibattito.
“Per i nostri figli volevamo una vita diversa,” hanno dichiarato i genitori, esprimendo il profondo anelito a preservare un legame primordiale con la terra e a offrire ai propri figli la possibilità di crescere in armonia con il ritmo delle stagioni.
L’educazione, affidata a un’insegnante privata proveniente dal Molise, si basa su un approccio *homeschooling* che mira a coltivare la curiosità intellettuale e a promuovere l’apprendimento attraverso l’esperienza diretta e il contatto con la natura.
Tuttavia, l’episodio dell’intossicazione da funghi, che ha portato la famiglia a necessitare di cure ospedaliere, ha innescato un processo di indagine da parte della Procura dei Minorenni dell’Aquila.
Successivi controlli delle forze dell’ordine, culminati in una segnalazione, hanno portato alla sospensione temporanea della potestà genitoriale, pur mantenendo l’affidamento dei minori ai genitori.
Questa decisione, pur apparentemente volta a tutelare il benessere dei bambini, ha riacceso il dibattito sulla legittimità dell’intervento pubblico nella sfera privata e sui limiti dell’interpretazione del concetto di “interesse superiore del minore”.
L’avvocato della famiglia, Giovanni Angelucci, si è impegnato a presentare una serie di testimonianze a sostegno della scelta di vita della famiglia, sottolineando come non vi siano elementi che possano far sospettare disagio o violenza, ma unicamente una “scelta di vita ben precisa che mira a preservare il rapporto tra uomo e natura”.
La vicenda, lungi dall’essere una semplice questione di ordine pubblico, si pone come un’occasione per riflettere sulla crescente necessità di riconciliazione tra l’uomo e l’ambiente, e sulla possibilità di costruire modelli di convivenza più sostenibili e rispettosi della diversità.
La decisione dei magistrati, attesa per la prossima settimana, rappresenterà un momento cruciale, non solo per la famiglia stessa, ma per l’intera comunità, chiamata a confrontarsi con valori contrastanti e a ridefinire il significato stesso di “normalità”.






