“Frammento papillare non esaminato: interrogativi sull’inchiesta sul dispenser del sapone”

Nel corso dell’analisi del dispenser del sapone in bagno, oltre alle due impronte di Alberto Stasi che sono state identificate con certezza, è emerso un “frammento papillare” contenente informazioni dattiloscopiche, il quale però non è stato utilizzato per ulteriori confronti, suscitando interrogativi sulle ragioni di tale scelta.In una relazione tecnica redatta dal consulente Oscar Ghizzoni su incarico dell’avvocato Laura Panciroli nel 2020, si evidenzia che le due impronte riconosciute come utili per la comparazione dattiloscopica erano parzialmente sovrapposte ad altre impronte presenti sul dispenser, e che vi erano almeno altri sette contatti papillari da considerare.Questo studio è stato condotto sulla base delle foto scattate dal Ris di Parma all’epoca delle indagini, utilizzando una lampada speciale per esaminare le impronte sul dispenser. Sebbene il fascicolo aperto a Pavia nel 2020 su richiesta della difesa di Stasi sia stato archiviato, ora nell’ambito di una nuova inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi e con l’indagine su Andrea Sempio in corso, si prevede un approfondimento delle analisi sulle impronte nella villetta insieme ai campioni di DNA.La consulenza redatta contesta il mancato esame di un frammento papillare presumibilmente leggibile: tale frammento avrebbe potuto fornire indicazioni sulla compatibilità con le impronte attribuite a Stasi o ad altri soggetti. Inoltre, si segnala che la porzione dell’impronta in questione risultava sovra-illuminata rendendo difficile il riconoscimento dei dettagli caratteristici.Il consulente osserva che la presenza di molteplici contatti e colature di sapone escludeva la possibilità che l’oggetto fosse stato lavato dopo l’ultimo utilizzo, tesi contrastante con precedenti sentenze giudiziarie come quella relativa al caso Garlasco del 2014.