Sembra un sogno impossibile, ma se avessi la possibilità di allenare uno dei giocatori più giovani e talentuosi del tennis mondiale, come Sinner, dopo una pausa prolungata dal mondo dello sport? Per me sarebbe un’opportunità incredibile. Ho sempre creduto che l’adattabilità sia il tratto distintivo di chi si avvicina allo sport a tutti i livelli, e allenare un giocatore come Sinner significherebbe confrontarmi con nuove sfide ogni giorno.Ma sappiamo bene, il tennis non è solo tecnica; l’adattamento mentale ai conflitti e alle difficoltà impreviste rappresenta sempre più della metà del cammino per arrivare in alto. E qui entra in scena il concetto di “rischio”: come si fa a sostenere le proprie scelte, nonostante l’imprevedibilità che lo sport comporta? L’allenatore deve essere capace di instaurare un rapporto forte con i giocatori, altrimenti queste sfide saranno insormontabili.E poi c’è la pressione dell’opinione pubblica: le vittime della settimana precedente sono sempre pronte a prendersela col responsabile. Ecco perché è così difficile gestire i conflitti interpersonali nel mondo dello sport. L’allenatore deve essere in grado di gestire queste pressioni e non lasciarsi condizionare dalla critica o dalle polemiche che possono scoppiare.Il mio sogno, dunque, sarebbe quello di poter dare un senso a tutto ciò, insegnando ai giovani tennisti l’importanza dell’adattabilità e della gestione del rischio. Sarebbe un’esperienza incredibile poter guidare i giovani talenti verso la vittoria non solo sul campo di gioco, ma soprattutto nella vita.Ecco perché credo fermamente che se mi piacerebbe allenare Sinner dopo lo stop? La ragione principale è proprio questa: in un ambiente dove l’adattamento e la gestione del rischio rappresentano metà delle battaglie, allenare il giovane tennista significherebbe poter essere parte attiva nella crescita di chi si avvicina allo sport.
Sinner, l’allenatore immaginario: le sfide della gestione del rischio e dell’adattabilità
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