16 aprile 2025 – 19:48
La visione del mondo di un bambino può rivoluzionare la nostra percezione della realtà, ed è proprio questo il miracolo che Emilio, un giovane della classe operaia negli anni Trenta, riesce a compiere. La storia ‘Ho visto un re’ di Giorgia Farina ci trasporta in una dimensione del passato con i suoi colori vivaci e le sue figure espressive, ispirata da un evento reale che sfida la nostra immaginazione.La trama si svolge nel 1936, mentre l’Italia è ancora immergibile nelle conseguenze della sua vittoria in Etiopia. A Torre del Greco, una grande villa in campagna ospita Emilio (Marco Fiore) e i suoi genitori, un podestà e sua moglie. La loro vita è scandita dalle rigide norme della società patriarcale dell’epoca, dove ogni individuo è confinato all’interno di gabbie che impediscono loro di essere liberi.In questo contesto esplode la storia di un bambino che conosce un principe etiope, Abraham Imirrù (Gabriel Gougsa), confinato nella voliera del giardino della villa. La strana figura con i suoi colori vivaci sembra a Emilio l’incarnazione del suo idolo di sempre: Sandokan, il leggendario eroe indiano che sfidò le autorità coloniali. Ma la reale personalità del principe è ben diversa dalla sua immagine popolare e da come la intende Emilio, unico essere in grado di guardare oltre l’apparenza.Suo padre, il podestà (un’interpretazione convincente da parte di Edoardo Pesce), raffigura al meglio il fascismo italiano, con le sue espressioni tipiche dell’epoca e la sua incapacità a comprendere i cambiamenti del mondo che lo circonda. La donna-vittima, Sara Serraiocco, cerca di sfuggire alla monotonia della vita domestica attraverso l’arte della pittura, ma è imprigionata nella sua propria gabbia.Edoardo Pesce ha descritto il suo personaggio come un “campionamento del fascismo in tutte le sue sfumature” e lo ha ispirato la figura di un maschio tipico dell’epoca, priva di emozioni o di una reale comprensione dei problemi sociali. Pesce è anche arrivato a definire il suo personaggio come “un po’ trumpiano”, colui che inesorabilmente difendeva e incarnava i più oscuri aspetti del fascismo.Giorgia Farina, regista di ‘Amiche da morire’, ‘Ho ucciso Napoleone’ e ‘Guida romantica a posti perduti’, ha rivelato che la sua ispirazione deriva da una storia vera, come raccontata ne ‘Il figlio del podestà’, di Nino Longobardi. La storia è quella di un bambino cresciuto nel mezzo del patriarcato e della chiusura sociale, dove molti sono confinati in gabbie che impediscono loro di essere se stessi. Farina ha scelto di raccontare questa storia perché trova lo straordinario nella realtà stessa, trasformando un evento vero in una favola.La scelta del regista di mantenere la parola ‘negro’ e l’uso di altre espressioni poco corrette del tempo non è stata casuale. Ha cercato di mantenere fedeltà alla cultura del passato, anche se oggi ritenute politicamente scorrette. Il suo obiettivo era quello di creare un personaggio fittizio ma allo stesso tempo autentico, che rappresenta lo spirito fascista più che la consapevolezza individuale.La produzione di ‘Ho visto un re’, condotta da Stemal Entertainment con Rai Cinema e prodotta da Donatella Palermo, ha avuto il sostegno della Regione Lazio e del MIC – DG Cinema e Audiovisivo. Inoltre, un cast talentuoso ha contribuito alla realizzazione di questa storia d’amore, di crescita e di sradicamento.