L’ordinanza del sindaco di Portofino, che impone sanzioni pecuniarie per comportamenti ritenuti incompatibili con il decoro urbano – sedersi, sdraiarsi, fare l’elemosina – rappresenta un’escalation preoccupante nella gestione del fenomeno della povertà, configurandosi come un’operazione di “spazzatura sociale” mirata a cancellare dalla scena pubblica la presenza delle persone in stato di bisogno.
L’intervento amministrativo, giustificato con la presunta necessità di proteggere l’immagine turistica del borgo, rivela una profonda frattura sociale e una visione distorta del ruolo della comunità.
Il commento dell’ex ministro Andrea Orlando coglie nel segno: non si tratta più di una semplice colpevolizzazione della condizione di povertà, ma di una sua sistematica rimozione, un tentativo di rendere invisibile la realtà di chi si trova ai margini.
Questa strategia si inserisce in un contesto ben più ampio, quello di un territorio come Portofino, dove le disuguaglianze economiche raggiungono livelli estremi, creando una sorta di “enclave” di ricchezza, un microcosmo di privilegi separato dal resto della società.
L’ordinanza, lungi dall’essere un’azione isolata, è il sintomo di una logica che mira a preservare l’illusione di un’armonia sociale artificiale, a scapito dei diritti fondamentali delle persone vulnerabili.
Si tratta di una “gated community” non solo fisica, ma anche simbolica, in cui l’esclusione sociale diventa una barriera insormontabile.
La retorica del “danno d’immagine” sollevata dall’amministrazione locale rivela una priorità allarmante: la tutela dell’apparenza prevale sulla compassione e sulla responsabilità sociale.
La povertà, il disagio, non sono considerate sfide da affrontare con politiche inclusive e servizi adeguati, ma problemi da eliminare, come fossero macchie da cancellare da un quadro patinato.
Questa visione miopia e insensibile ignora la complessità delle cause della povertà e le sue conseguenze devastanti sulla vita delle persone.
Inoltre, la scelta di colpire chi chiede l’elemosina, spesso l’ultima risorsa per la sopravvivenza, è una vergogna che scredita i valori di una società civile che si dichiara democratica e solidale.
L’episodio di Portofino dovrebbe fungere da campanello d’allarme per l’intera nazione, invitando a una riflessione profonda sulle politiche sociali e sull’etica della convivenza.
È urgente abbandonare l’illusione di poter costruire un futuro prospero e sostenibile escludendo e marginalizzando chi si trova in difficoltà, e abbracciare invece un modello di società basato sulla giustizia sociale, l’inclusione e la solidarietà.
La vera ricchezza di una comunità non si misura in termini economici, ma nella sua capacità di prendersi cura dei propri membri, soprattutto dei più deboli.