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Porto di Pescara: crisi, protesta e appello al Governo

La crisi che attanaglia il porto di Pescara, e la conseguente protesta della marineria locale, si è inasprita al punto da spingere il sindaco Carlo Masci ad un gesto di forte sostegno e a un’ulteriore escalation diplomatica verso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
La vicenda, lungi dall’essere una semplice questione logistica, incarna un profondo squilibrio tra le esigenze di una comunità legata da secoli al mare e l’inerzia burocratica che ne ostacola la sopravvivenza economica e sociale.

Il portocanale, arteria vitale per l’economia pescarese, versa in condizioni precarie a causa della mancanza di dragaggio, un intervento essenziale per garantire la sicurezza della navigazione e l’accessibilità alle imbarcazioni.

Questo deficit, accumulato in un lasso di tempo inaccettabile – ben 13 anni – testimonia una carenza strutturale di visione e di priorità da parte delle istituzioni nazionali.

Masci, con una lettera serrata al ministro Salvini, non si limita a lamentare la situazione, ma denuncia apertamente una pericolosa narrazione secondo cui Pescara dovrebbe far fronte alle proprie necessità in autonomia.
Un’illusione che ignora la natura stessa di un porto di interesse nazionale, che implica un ruolo attivo e finanziario dello Stato, garante della sua funzionalità e del suo sviluppo.
La protesta annunciata dalla marineria non è quindi un atto di mera contestazione, ma l’espressione tangibile del disagio di una categoria professionale che si sente abbandonata e penalizzata.

È un grido d’allarme che rivendica il diritto a un futuro sostenibile, radicato nella tradizione marinara e nell’economia locale.

Il sindaco, aderendo convintamente alla mobilitazione, sottolinea l’urgenza di soluzioni concrete, al di là delle promesse reiterate nel corso degli anni.
In particolare, l’intervento sulla vasca di colmata, costantemente rimandato, rappresenta una priorità assoluta, pur restando aperto alla valutazione di alternative praticabili e tempestive.
La questione del porto di Pescara, dunque, si configura come un caso emblematico dell’inadeguatezza di un modello di governance che privilegia la delega di responsabilità senza fornire gli strumenti necessari per la sua effettiva attuazione.

È un campanello d’allarme che invita a una riflessione più ampia sul ruolo dello Stato nel sostenere le comunità costiere e a promuovere uno sviluppo economico equo e duraturo.
L’auspicio è che questa protesta scuota le coscienze e porti a un cambio di passo, traducendosi in azioni concrete a favore di Pescara e del suo legame indissolubile con il mare.

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