La luce dei fari squarciò la notte autostradale, incastonata nella tangenziale di Bari.
Un attimo, un sussulto, e una figura era rovesciata sull’asfalto, strappata alla sua moto come una foglia al vento.
Un istante di caos, seguito dalla corsa urgente di Giusy Lucente, il cuore pulsante di una passione profonda per il mondo delle due ruote.
Non era una spettatrice casuale.
Giusy, con suo marito al suo fianco, incarnava lo stesso spirito di libertà e audacia che animava la motociclista caduta.
Conosceva intimamente il fascino ambiguo del motore, la sua promessa di velocità e la sua potenziale spietatezza.
Aveva udito il ruggito del vento e sentito l’ebbrezza del controllo, ma anche percepito il brivido del rischio che si cela dietro ogni curva.
Senza esitazioni, abbandonando la sicurezza della loro utilitaria, si era lanciata ad assistere la giovane rider.
Un gesto istintivo, un’espressione tangibile di empatia e solidarietà.
Non era solo un atto di soccorso, ma un riconoscimento fraterno, un legame invisibile che unisce chi condivide la stessa passione, lo stesso amore per la strada e per il brivido che essa procura.
L’incidente, oltre al dolore fisico per la caduta, rappresentava una frattura temporanea in un percorso fatto di conquiste, di sfide superate e di sensazioni uniche.
Giusy, con la sua presenza, offriva non solo aiuto pratico, ma anche un faro di speranza, un segnale che anche nella fragilità, c’è la forza della comunità e la resilienza dello spirito umano.
Quel gesto, apparentemente semplice, evocava un profondo significato: la capacità di trascendere l’individualità, di condividere il dolore altrui e di offrire una mano in un momento di bisogno, alimentando un senso di appartenenza e rafforzando i legami che uniscono gli appassionati di motori.
Era un monito silenzioso a ricordare la vulnerabilità intrinseca che accompagna ogni avventura su due ruote, e l’importanza di sostenersi a vicenda lungo il cammino.
