L’episodio verificatosi all’interno del Centro di Permanenza per i Rimpatri di Palazzo San Gervasio (Potenza), e denunciato dal segretario aziendale dell’Uil Fpl dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Potenza, Domenico Pace, solleva questioni urgenti e complesse che vanno ben oltre la singola aggressione a un’infermiera del 118.
Il caso, innescato da una segnalazione di tentato suicidio tra gli ospiti, ha rivelato una profonda criticità nella gestione di strutture che ospitano individui vulnerabili, spesso affetti da disturbi psichiatrici e in stato di forte disagio emotivo.
L’intervento del 118, prontamente mobilitato da Genzano di Lucania, si è materializzato in una situazione di elevata tensione e scarsa controllabilità.
La testimonianza di Pace descrive un contesto in cui il personale sanitario, in prima linea per garantire la tutela della salute e della vita, si è trovato ad affrontare minacce verbali e intimidazioni fisiche dirette, aggravando ulteriormente la delicatezza dell’operazione di soccorso.
La presenza di un oggetto potenzialmente pericoloso, presumibilmente utilizzato per autolesionismo, ha aumentato il rischio e la gravità percepita dell’incidente.
L’intervento delle forze dell’ordine, pur essenziale per prevenire escalation e proteggere l’infermiera, ha evidenziato una lacuna significativa: l’assenza di un medico all’interno del CPR nel momento critico.
Questa carenza, secondo Pace, potrebbe aver compromesso la capacità di affrontare adeguatamente un evento che richiedeva una valutazione clinica specialistica e una gestione mirata, soprattutto in termini di problematiche psichiatriche sottostanti.
L’assenza di un professionista medico, quindi, non è solo una questione di protocollo, ma una potenziale falla nella tutela della salute mentale dei detenuti e nella sicurezza del personale sanitario.
L’incidente si configura come un campanello d’allarme che richiede una riflessione strutturale e un’azione immediata.
Il sindacato Uil Fpl non si limita a chiedere maggiori garanzie di sicurezza per il personale del 118, ma sollecita un ripensamento complessivo della gestione dei CPR.
È necessario un rafforzamento delle risorse umane specializzate, inclusi medici con competenze in psichiatria e personale qualificato nella gestione di situazioni di crisi.
Inoltre, l’episodio pone interrogativi cruciali sulla natura stessa dei CPR: luoghi di espiazione o centri di accoglienza e reinserimento? La presenza di individui con problematiche psichiatriche complesse richiede un approccio multidisciplinare che integri assistenza sanitaria, supporto psicologico e programmi di riabilitazione.
La sicurezza del personale sanitario non può essere considerata un elemento separato, ma deve essere parte integrante di un modello di gestione che metta al centro la dignità e la salute dei detenuti, garantendo al contempo un ambiente di lavoro sicuro e rispettoso per coloro che vi operano.
La formazione specifica del personale, la revisione dei protocolli di sicurezza e un monitoraggio costante delle condizioni psicologiche degli ospiti sono passi imprescindibili per evitare che simili episodi si ripetano e per trasformare i CPR in luoghi realmente a misura di persone.