sabato 2 Agosto 2025
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Gioia Tauro: la banchina rinata, un nome, Eranova, per non dimenticare.

La banchina del porto di Gioia Tauro, precedentemente identificata come banchina di Ponente lato Nord, assume una nuova identità: Eranova.

La decisione, annunciata dal presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio, Andrea Agostinelli, trascende una semplice ri-etichettatura, configurandosi come un gesto simbolico di memoria e risarcimento storico.

Eranova non è un nome arbitrario, bensì evoca un villaggio dimenticato, un piccolo centro agricolo nato a cavallo tra il XIX e il XX secolo, eretto da contadini ribelli provenienti da San Ferdinando.

Questo borgo, prospero e radicato nella terra, si sviluppò proprio nell’area destinata poi alla costruzione del porto.

Un’esistenza plurale, caratterizzata da un profondo legame con la terra e da un’organizzazione sociale basata sulla cooperazione, interrotta bruscamente negli anni ’70.

La decisione di edificare un porto di tale portata su quel terreno, un’operazione di ingegneria destinata a proiettare il territorio nel circuito commerciale globale, si tradusse in un’opera di radicale trasformazione del paesaggio e di profondo impatto sociale.

Eranova, con le sue abitazioni, i suoi campi rigogliosi, i suoi alberi da frutto – testimonianza di una cultura agricola secolare – fu sacrificata sull’altare del progresso economico, spazzata via per fare spazio a cemento e acciaio.
Un’espropriazione forzata, accompagnata dalla distruzione di un patrimonio immateriale e materiale, che segnò indelebilmente le vite di chi ne fu testimone.

L’impronta di Eranova, tuttavia, non si cancellò con la demolizione delle case e la scomparsa dei campi.
Il ricordo del villaggio, l’eco delle storie raccontate dai suoi abitanti, continuano a vivere nel cuore delle generazioni successive, custoditi come un tesoro prezioso.
Questo senso di appartenenza, questa memoria condivisa, rappresentano un elemento cruciale dell’identità territoriale, un filo invisibile che lega il presente al passato.

La denominazione della banchina come Eranova, dunque, si configura come un atto di riconoscimento, un tentativo di restituire dignità a una comunità espropriata e a un patrimonio distrutto.
Rappresenta un’ultima, significativa azione della Governance, un segno tangibile di rispetto per la storia locale e un invito a non dimenticare il prezzo del progresso.

L’auspicio è che questo gesto possa contribuire a promuovere una riflessione più ampia sull’importanza di conciliare lo sviluppo economico con la tutela della memoria e dell’identità culturale, valorizzando il legame profondo tra l’uomo e il territorio che lo ha generato.

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