Il monumento dedicato a Sergio Ramelli, inaugurato ad aprile a Novate Milanese, è stato oggetto di un atto vandalico che ne ha compromesso la leggibilità, imbrattato con vernice rossa.
L’episodio riemerge come un segnale inquietante in un contesto già segnato da precedenti episodi di contestazione e danneggiamento, risalenti all’inaugurazione stessa, manifestazioni di un dissenso ideologico radicato.
Il deputato di Fratelli d’Italia, Riccardo De Corato, ha espresso la necessità di un rapido accertamento delle responsabilità, sottolineando come questo gesto si inserisca in una dinamica di confronto ideologico che ha accompagnato fin dalla nascita del monumento.
La polemica, esplicitata dal deputato, si focalizza sulla pretesa di una memoria selettiva, in cui l’atto vandalico è interpretato come un tentativo di delegittimare il ricordo di Ramelli, figura emblematica per una certa area politica.
De Corato, nel suo intervento, ha posto l’accento sulla necessità di un equilibrio nella gestione della memoria collettiva, ricordando il diritto di ogni gruppo politico di commemorare i propri cari e i propri caduti, come fanno, giustamente, le componenti di sinistra.
Tuttavia, la sua riflessione si estende a una denuncia più ampia: l’assenza di un parallelo riconoscimento e di un’indagine compiuta per l’omicidio di Fausto e Iaio, due giovani assassinati il 18 marzo 1978, frequentatori del centro sociale Leoncavallo, caso ancora irrisolto e simbolo di una giustizia mancata.
Il richiamo al caso Leoncavallo rappresenta un elemento cruciale, che trascende la mera difesa del monumento a Ramelli.
Evidenzia una frattura profonda nella percezione della giustizia e della memoria storica, dove il diritto al ricordo appare disomogeneo e influenzato da orientamenti politici.
Il Presidente del Senato, presente all’inaugurazione, aveva già espresso questa sensibilità, sottolineando come la commemorazione di Sergio Ramelli non possa prescindere dalla riflessione su eventi tragici del passato per i quali la verità e la giustizia non sono ancora state pienamente ristabilite.
Il vandalismo, in questo contesto, diventa un sintomo di una ferita aperta, un conflitto di narrazioni storiche che si ripropone con forza, esacerbato dalla difficoltà di trovare un terreno comune per la ricostruzione condivisa del passato.
La vicenda del monumento a Sergio Ramelli, quindi, si configura come un microcosmo di una più ampia disputa ideologica e un monito sulla necessità di un approccio inclusivo e onesto nella gestione della memoria collettiva.