L’esito del referendum sulla legge elettorale valdostana solleva interrogativi profondi sulla qualità del processo decisionale politico e sul rapporto tra rappresentanti e rappresentati.
Invece di affrontare la complessità di una scelta cruciale con franchezza e coraggio, si è optato per un ricorso a un meccanismo consultivo, un referendum “tecnico” celebrato in un periodo notoriamente sfavorevole alla partecipazione civica, come la metà di agosto.
Questa scelta, lungi dal rafforzare la legittimità della decisione, ha eroso la fiducia nelle istituzioni e dissipato risorse pubbliche in una procedura in sé viziata.
Il risultato – un successo marginale per il fronte del “Sì” – non può essere interpretato come una convalida della scelta operata.
Piuttosto, rappresenta una sconfitta collettiva che coinvolge la cittadinanza, le forze politiche e l’intero sistema democratico valdostano.
I cittadini, a fronte di un’affluenza decisamente limitata, si sono visti escludere da un dibattito approfondito e partecipativo, pagando il costo di una consultazione frettolosa e mal supportata da un’adeguata campagna informativa.
La natura tecnica e la delicatezza della materia richiedevano un’esposizione chiara e accessibile, elemento assente in una comunicazione istituzionale carente.
Chi sosteneva il “No”, pur vedendosi imporre una legge elettorale basata sul sistema della tripla preferenza con le sue intrinseche problematiche di trasparenza e potenziale opacità, non può dire di aver subito una perdita totale.
La sua voce, seppur minoritaria, ha contribuito a evidenziare le criticità del processo.
Tuttavia, la vera sconfitta è del fronte del “Sì”, che nonostante un’apparente compattezza delle forze politiche, si è visto attribuire una vittoria estremamente risicata.
Un risultato che, lungi dall’essere un trionfo, denota una profonda fragilità di consenso e una mancanza di capacità di comunicare efficacemente i vantaggi percepiti della nuova legge.
Questa vicenda dovrebbe costituire un momento di riflessione profonda per la politica valdostana.
È imperativo abbandonare l’abitudine di delegare scelte difficili a meccanismi consultivi sbrigativi, preferendo un confronto aperto e trasparente con i cittadini.
La politica deve ritrovare il coraggio di assumersi la responsabilità delle proprie decisioni, spiegando chiaramente le motivazioni e i compromessi fatti, piuttosto che cercare una legittimazione artificiale attraverso referendum “tecnici” che, in ultima analisi, minano la fiducia pubblica e disperdono risorse preziose.
Il futuro della democrazia valdostana dipende dalla capacità di recuperare un rapporto di fiducia e trasparenza tra rappresentanti e rappresentati.