Il Declino dell’Artigianato Italiano: Un’Analisi Multifattoriale e Prospettive di ResilienzaNegli ultimi dieci anni, l’Italia ha assistito a una drammatica erosione del tessuto artigiano, con una diminuzione di quasi 400.000 unità, un dato che rivela una profonda trasformazione del panorama economico e sociale del paese.
Se nel 2014 si contavano 1,77 milioni di artigiani, nel 2024 questo numero è precipitato a 1,37 milioni, una perdita del 22% che segnala la scomparsa di quasi un artigiano su quattro in soli due decenni.
Queste cifre, elaborate dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre sulla base di dati Inps e Infocamere/Movimprese, non sono semplicemente un indicatore di perdita di posti di lavoro, ma un sintomo di problemi strutturali più complessi che affliggono il settore.
La contrazione non è stata uniforme nel tempo; l’anno trascorso ha registrato una perdita significativa di 72.000 unità, pari al 5%.
Questa diminuzione ha interessato tutte le regioni italiane, con punte di sofferenza nelle Marche (-28,1%), Umbria (-26,9%), Abruzzo (-26,8%) e Piemonte (-26%).
Il Mezzogiorno, seppur non immune alla crisi, ha mostrato una maggiore resilienza, probabilmente grazie agli stimoli derivanti dagli investimenti legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e all’impatto positivo del Superbonus 110% nel settore dell’edilizia.
La provincia di Ancona ha subito la contrazione più marcata (-9,4%), seguita da Ravenna e Ascoli Piceno, mentre Crotone e Ragusa hanno mostrato i risultati più contenuti.
L’erosione del tessuto artigiano non è imputabile a un’unica causa.
L’analisi della Cgia evidenzia come i processi di aggregazione e acquisizione, accelerati dalle crisi economiche del 2008/2009, 2012/2013 e 2020/2021, abbiano contribuito a ridurre il numero di artigie individuali.
Sebbene questo fenomeno abbia portato alla contrazione della platea degli artigiani, ha paradossalmente stimolato l’aumento della dimensione media delle imprese e, in alcuni casi, ha incrementato la produttività, soprattutto nei settori del trasporto merci, del metalmeccanico, degli installatori di impianti e della moda.
Tuttavia, la crisi non ha colpito tutti i comparti in egual misura.
Settori emergenti, legati al benessere personale e all’innovazione digitale, hanno mostrato una tendenza alla crescita.
Professioni come acconciatori, estetisti, tatuatori, sistemisti, esperti di web marketing, video maker e specialisti di social media sono in espansione, riflettendo i cambiamenti nei consumi e nelle esigenze della società contemporanea.
Anche il settore alimentare, con particolare riferimento a gelaterie, gastronomie e pizzerie da asporto, ha dimostrato una buona tenuta, soprattutto nelle aree ad alta vocazione turistica.
La perdita di artigiani solleva interrogativi cruciali sulla sostenibilità del modello economico italiano e sulla necessità di politiche mirate a sostenere e valorizzare il settore.
È fondamentale promuovere la trasmissione delle competenze, favorire l’accesso al credito e semplificare le procedure burocratiche, per garantire la sopravvivenza delle microimprese e delle piccole imprese che rappresentano il cuore pulsante del tessuto produttivo nazionale.
Inoltre, è imperativo investire nella formazione di nuove figure professionali, in grado di coniugare la tradizione artigianale con le nuove tecnologie, per affrontare le sfide del futuro e garantire la resilienza del settore.
La capacità di innovazione, l’attenzione alla qualità e la valorizzazione del Made in Italy restano elementi chiave per rilanciare l’artigianato italiano e preservare un patrimonio culturale e economico di inestimabile valore.