martedì 2 Settembre 2025
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Trento

Un soldato dimenticato riemerge dal ghiacciaio: un eco della Grande Guerra.

Il silenzio glaciale della Vedretta di Lares, a oltre tremila metri di altitudine, ha restituito alla luce un frammento doloroso di storia, un eco lontano del conflitto che ha sconvolto l’Europa un secolo fa.

Il progressivo e drammatico ritiro del ghiacciaio, una conseguenza tangibile del cambiamento climatico in atto, ha portato alla luce i resti scheletrici di un soldato, presumibilmente appartenente all’esercito austro-ungarico, vittima della Grande Guerra.

L’operazione di recupero, condotta con precisione e sensibilità dai Carabinieri della Stazione di Carisolo e dalla Squadra di Soccorso Alpino di Madonna di Campiglio, sotto la supervisione della Compagnia di Riva del Garda, evidenzia un intreccio complesso tra la necessità di onorare la memoria di un soldato dimenticato e l’urgenza di documentare gli effetti devastanti dello scioglimento glaciale.

La conservazione eccezionale di alcuni manufatti, nonostante la progressiva decomposizione dei resti organici, testimonia le proprietà mummificanti del ghiaccio, un agente preservante inatteso.
La divisa, frammenti di equipaggiamento e altri oggetti personali, seppur incompleti, offrono una finestra sulla vita quotidiana di un soldato in trincea, un uomo strappato alla sua esistenza e inghiottito dalla furia della guerra.
L’intervento si è svolto sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Culturali della Provincia Autonoma di Trento, che ha fornito il supporto metodologico e scientifico necessario per garantire un recupero dignitoso e rispettoso.

Le autorizzazioni della Procura della Repubblica di Trento hanno formalizzato la legittimità dell’operazione, riconoscendone l’importanza storica e culturale.
Attualmente, i resti sono stati trasferiti al laboratorio di analisi della Soprintendenza, dove saranno sottoposti a un’approfondita serie di indagini.
Accertamenti antropologici, analisi del DNA (ove possibile) e studi storici comparativi mirano a ricostruire l’identità del soldato, a determinarne le origini geografiche e a collocarlo all’interno del contesto storico del conflitto.

L’obiettivo primario è quello di restituire un nome, una storia, un volto a questa figura anonima, riportandola alla luce dopo un secolo di silenzio glaciale.

Questo ritrovamento non è solo un’occasione per onorare la memoria di un combattente, ma anche un monito potente sull’impatto del cambiamento climatico, che sta rivelando frammenti del passato con una frequenza sempre più allarmante, rendendo necessario un approccio multidisciplinare e un impegno costante nella conservazione del patrimonio storico e ambientale alpino.

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