La comunità foggiana si è riversata in piazza, un mare di volti segnati dal dolore e dalla rabbia, per un corteo di voci che si sono levate con forza e determinazione.
L’assemblea, nata spontaneamente, ha voluto onorare la memoria di Fatimi Hayat, la donna di 46 anni strappata alla vita con violenza in un atto efferato per mano dell’ex compagno, e trasformare il lutto in un potente atto di denuncia.
Il presidio non è stato semplicemente una manifestazione di cordoglio, ma un grido collettivo contro le radici profonde del patriarcato, la normalizzazione della violenza maschile e la cultura tossica che troppo spesso la alimenta.
Tra la folla, un mosaico di rappresentanti del tessuto sociale: operatori di centri antiviolenza, attivisti di associazioni che da anni combattono per i diritti delle donne, e soprattutto, una nutrita presenza di giovani, portatori di una nuova consapevolezza e di un futuro che si prefigge di essere più giusto e sicuro.
Accanto ai cittadini, una rappresentanza dell’amministrazione comunale, guidata dalla sindaca Maria Aida Episcopo, ha espresso la propria vicinanza alla famiglia e si è impegnata a sostenere iniziative volte a prevenire e contrastare la violenza di genere.
L’assessore alla legalità, Giulio De Santis, ha sottolineato l’impatto emotivo della risposta cittadina, evidenziando come la partecipazione giovanile sia un segnale di speranza e di cambiamento.
Tuttavia, l’amarezza e la frustrazione permeano le parole dell’assessore.
La domanda che emerge con chiarezza è quella che attanaglia la comunità: come mai, nonostante una denuncia fosse stata presentata, una vita è stata spezzata? Cosa non ha funzionato nel sistema di protezione delle vittime? Questa interrogazione non è un semplice atto d’accusa, ma un monito a rivedere le procedure, rafforzare i servizi di supporto e garantire una maggiore tutela per le donne a rischio.
Il giorno dei funerali, un saluto religioso nella moschea di Foggia, con il lutto cittadino proclamato, sarà un momento di raccoglimento e di commiato.
La salma rientrerà poi in patria, in segno di rispetto per la volontà della famiglia, che merita piena comprensione e sostegno in questo momento di profondo dolore.
Il ritorno in patria rappresenta un legame con le origini, una celebrazione dell’identità e un ricordo indelebile di una donna che ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore di chi l’ha conosciuta.
Il presidio a Foggia non si limita a commemorare una vittima, ma si configura come un atto di resistenza e un impegno concreto per costruire una società più equa e libera dalla violenza.