La sfida di giudicare il cinema contemporaneo, come sottolinea Alexander Payne, presidente della Giuria internazionale del Concorso Venezia 82, richiede un approccio peculiare: un connubio tra la consapevolezza professionale e l’innocenza dello sguardo del primo spettatore.
La giuria, composta da figure autorevoli come Stéphane Brizé, Maura Delpero, Cristian Mungiu, Mohammad Rasoulof, Fernanda Torres e Zhao Tao, si appresta a navigare un mare di opere, con l’obiettivo di discernere il valore artistico e l’impatto culturale in un’epoca segnata da conflitti globali e trasformazioni sociali.
Payne, nel suo intervento alla conferenza stampa, ha evitato di affrontare direttamente la questione del ruolo del cinema in un mondo dilaniato da guerre e disuguaglianze, preferendo concentrarsi sull’esperienza dello spettatore.
L’osservazione cruciale è che l’audience odierna fruisce sempre più spesso di film attraverso schermi ridotti, in solitudine.
Pur ammettendo di essere talvolta parte di questo pubblico frammentato, Payne ribadisce la sua preferenza per l’esperienza collettiva, la “cattedrale” del cinema, dove l’immersione totale e la condivisione emotiva amplificano il significato dell’opera.
La difficoltà, però, risiede nella mancanza di distribuzione per opere significative, relegandole nell’ombra e limitandone la possibilità di influenzare il dibattito pubblico.
Il dubbio che Payne esprime – un film può davvero cambiare la società? – è un interrogativo aperto che sollecita una riflessione più ampia sul potere dell’arte.
Anche qualora la risposta fosse cauta, la creazione di film che riflettano il tempo presente lascia inevitabilmente una traccia, un documento storico e artistico.
Julie Ducourneau, presidente di Orizzonti, condivide questa visione, sottolineando l’importanza di abbandonarsi alla sorpresa, di accogliere visioni del mondo inedite e inaspettate.
Charlotte Wells, citando Orson Welles, introduce una prospettiva illuminante: l’ignoranza, in un certo senso, può essere una forma di autorità, soprattutto nelle prime fasi del percorso artistico.
Questa affermazione suggerisce che la mancanza di pregiudizi, la capacità di affrontare ogni film con una mente aperta, sono elementi fondamentali per una valutazione imparziale e profonda.
L’assenza del peso delle aspettative, la libertà di sperimentare e di correre rischi, rappresentano un vantaggio inestimabile per i registi emergenti, per coloro che non sono ancora vincolati da un’eredità artistica o da un seguito di pubblico.
La giuria si pone quindi come custode di questa libertà, cercando di individuare quelle voci autentiche e originali che, pur nascendo in un contesto complesso e frammentato, possono ancora illuminare il cammino del cinema contemporaneo.