L’Unione Europea rafforza il suo impegno per la tutela della salute umana con l’entrata in vigore di nuove restrizioni sull’utilizzo di due composti chimici ampiamente diffusi nell’industria cosmetica: il Trimethylbenzoyl Diphenylphosphine Oxide (TPO) e il Dimethyltolylamine (DMTA).
Questa decisione, formalizzata nell’aggiornamento dell’allegato CLP (Classificazione, Etichettatura e Imballaggio) – il quadro normativo che disciplina la gestione delle sostanze pericolose – riflette una crescente sensibilità verso i potenziali effetti tossici a lungo termine derivanti dall’esposizione a determinate sostanze chimiche.
Il TPO, impiegato prevalentemente come fotoiniziatore nella formulazione degli smalti in gel, e la DMTA, un condizionante che ne ottimizza l’adesione, sono stati individuati come potenziali interferenti endocrini, sollevando preoccupazioni riguardo alla loro possibile influenza negativa sulla riproduzione.
La normativa, che entra in vigore il 1° settembre, non solo preclude la produzione di nuovi prodotti contenenti queste sostanze, ma impone anche la rimozione delle scorte esistenti, richiedendo un processo di adeguamento per l’intero settore.
Le implicazioni di queste restrizioni sono particolarmente rilevanti per l’Italia e in particolare per la Sardegna, dove il settore del benessere, con le sue numerose imprese artigiane, rappresenta un’eccellenza economica e culturale.
Secondo i dati di Confartigianato Imprese Sardegna, il comparto conta circa 4.046 aziende attive, di cui oltre il 83% a conduzione familiare, con un impatto significativo sull’occupazione locale (circa 8.000 addetti).
Queste imprese, specializzate in servizi di acconciatura, manicure, pedicure e trattamenti estetici, si trovano ora ad affrontare una fase di transizione.
“Questa decisione rappresenta un passo cruciale verso la salvaguardia della salute dei consumatori,” afferma Giacomo Meloni, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna.
Tuttavia, l’impatto operativo quotidiano, fortunatamente, sembra essere meno drastico del previsto.
“Molte delle sostanze ora bandite erano già marginali nelle nostre formulazioni, e abbiamo da tempo investito in alternative più sicure e tecnologicamente avanzate.
” Questo sottolinea la proattività del settore, che spesso anticipa le normative europee nella ricerca di soluzioni più sostenibili.
L’adeguamento alle nuove normative non si limita alla semplice sostituzione dei componenti chimici.
Richiede una riorganizzazione dei processi produttivi, una maggiore attenzione alla trasparenza delle etichette e una formazione specifica per gli operatori del settore.
Il cambiamento, pur presentando delle sfide, si configura come un’opportunità per promuovere l’innovazione e consolidare la reputazione del Made in Italy come sinonimo di qualità, sicurezza e responsabilità sociale.
La questione solleva, inoltre, una riflessione più ampia sulla necessità di una valutazione più accurata e preventiva dei rischi chimici, e sulla promozione di un approccio “chimica verde” (green chemistry) che minimizzi l’impatto ambientale e sulla salute umana.