L’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Torino del 5 agosto 2025 inaugura un significativo ampliamento delle circostanze invocabili per la concessione della pena a domicilio, aprendo una breccia interpretativa che potrebbe avere ripercussioni a livello nazionale.
L’atto giudiziario, concesso a un detenuto affetto da problematiche di salute preesistenti – tra cui obesità e cardiopatia ischemica – non si limita a riconoscere l’aggravamento delle condizioni di salute come motivo giustificativo, ma eleva il sovraffollamento carcerario a fattore rilevante nella valutazione complessiva.
La decisione trascende la mera applicazione delle norme esistenti, suggerendo un ripensamento del sistema penitenziario alla luce dei diritti fondamentali del detenuto.
Il sovraffollamento, infatti, non è un mero inconveniente logistico, bensì una condizione che impatta direttamente sulla dignità umana, sulla salute fisica e mentale dei detenuti e, di conseguenza, sulla loro riabilitazione.
Un ambiente carcerario sovraffollato aumenta il rischio di contagi, rende difficoltoso l’accesso alle cure mediche adeguate, favorisce la tensione sociale e l’aggravarsi di patologie preesistenti.
L’ordinanza torinese si colloca in un contesto di crescente attenzione da parte della giurisprudenza italiana e europea verso la necessità di garantire condizioni di detenzione dignitose e rispettose dei diritti umani.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha più volte condannato l’Italia per le condizioni disumane di alcuni istituti penitenziari, evidenziando come il sovraffollamento contribuisca a violare il diritto alla salute e al rispetto della vita privata.
La decisione del Tribunale di Sorveglianza, pur non stabilendo un criterio automatico, introduce un elemento cruciale nella valutazione della pena a domicilio: la capacità del sistema penitenziario di garantire un’adeguata tutela della salute del detenuto, in relazione alla sua situazione personale e al contesto carcerario in cui si trova.
L’ordinanza implica che, a parità di altri requisiti, il sovraffollamento può essere un fattore decisivo a favore della concessione della misura alternativa alla detenzione.
Questa interpretazione innovativa apre la strada a potenziali richieste analoghe da parte di altri detenuti, costringendo l’amministrazione penitenziaria e le autorità giudiziarie a confrontarsi con la necessità di mitigare il problema del sovraffollamento carcerario e di trovare soluzioni più umane e riabilitative per i detenuti, soprattutto per coloro che presentano vulnerabilità e patologie preesistenti.
Si pone, quindi, la questione se questo approccio possa contribuire a decongestionare le carceri, promuovendo al contempo una giustizia penale più equa e orientata alla rieducazione.