Ordinanze e Ordigni: Emergenza nel Golfo della Spezia

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Nel cuore del Golfo della Spezia, in un’area di mare strategicamente importante e densa di infrastrutture vitali per il sistema energetico nazionale, la scoperta di due ordigni bellici ha sollevato interrogativi urgenti sulla sicurezza, la storia e la coesistenza tra attività industriale e comunità.

L’evento, verificatosi nei pressi della Baia di Panigaglia, luogo che ospita il rigassificatore di Snam, rappresenta un monito tangibile del retaggio bellico che ancora affligge il territorio e delle sue implicazioni per il presente.

La Cesub srl, azienda impegnata in attività di rilevamento subacqueo, è stata la prima a segnalare la presenza degli ordigni, innescando una reazione immediata da parte delle autorità marittime.

La Capitaneria di Porto della Spezia ha prontamente emanato un’ordinanza di interdizione alla navigazione, definendo un raggio di sicurezza di 500 metri attorno al punto di rinvenimento, una misura precauzionale necessaria per prevenire rischi per la navigazione e la sicurezza pubblica, in attesa delle operazioni di disinnesco.
Si presume che i dispositivi, risalenti al periodo della Seconda Guerra Mondiale, siano il frutto di un passato tormentato, testimoni silenziosi di un conflitto che ha lasciato profonde cicatrici nel tessuto sociale e ambientale.

L’impianto di rigassificazione di Panigaglia, unico nel suo genere in Italia per la sua collocazione “on shore”, costituisce un nodo cruciale per l’approvvigionamento energetico del Nord Italia.

Inaugurato nel immediato dopoguerra, ha rappresentato un passo fondamentale per garantire la sicurezza e la stabilità dell’approvvigionamento di gas naturale, contribuendo allo sviluppo industriale del paese.

Il complesso accoglie navi metaniere provenienti da tutto il mondo, scarica il gas naturale liquefatto (GNL) in forma liquida, raffreddato a temperature estreme di circa -60°C, e lo stocca in serbatoi di notevole capacità, per poi rigassificarlo e immetterlo nella rete di distribuzione.

Il processo coinvolge anche un servizio di collegamento con la terraferma, tramite traghetto, per l’impiego di autocisterne.

La scoperta degli ordigni ha inevitabilmente riacceso il dibattito sulla sicurezza dell’impianto, alimentando le preoccupazioni di una comunità locale che da tempo si batte per la sua dismissione.

Un comitato di cittadini, forte di una sensibilità ambientale e di un’attenzione alla salute pubblica, ha più volte espresso le proprie riserve, denunciando la pericolosità di un impianto di tale portata, situato in prossimità di un’area densamente popolata.
Le loro argomentazioni si concentrano sulla potenziale vulnerabilità dell’impianto a eventi sismici, attacchi terroristici o incidenti industriali, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per l’intera area.

L’evento sottolinea l’urgenza di un approccio integrato alla gestione del rischio, che tenga conto non solo degli aspetti tecnici e operativi, ma anche delle implicazioni sociali, ambientali e geopolitiche.

La presenza di ordigni bellici in un’area di tale rilevanza strategica impone una revisione profonda delle procedure di sicurezza, un rafforzamento dei controlli e una maggiore trasparenza nei confronti della comunità locale.
La gestione delle emergenze deve essere pianificata con meticolosità, coinvolgendo tutte le parti interessate e garantendo un flusso di informazioni tempestivo e accurato.

La questione solleva, inoltre, interrogativi più ampi sulla gestione del patrimonio bellico sommerso, una sfida complessa che affligge numerosi paesi costieri.
Le operazioni di bonifica dei siti contaminati richiedono ingenti risorse finanziarie e competenze specialistiche, e spesso si scontrano con la difficoltà di individuare e neutralizzare tutti gli ordigni presenti.

La collaborazione internazionale e lo scambio di esperienze possono contribuire a migliorare l’efficacia degli interventi e a ridurre i rischi per l’ambiente e la salute umana.

La vicenda del Golfo della Spezia si configura, quindi, non solo come un episodio isolato, ma come un simbolo delle sfide che attendono le comunità costiere nel tentativo di conciliare lo sviluppo industriale e la tutela del territorio.

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