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Bergoglio, un testamento spirituale: Il mio San Francesco

Nel crepuscolo dell’esistenza, quando la consapevolezza della finitezza si fa più nitida, emerge la grazia di una preparazione serena, di una rilettura del cammino intrapreso con gratitudine verso il divino.

Un sentimento espresso, con profonda umanità, in quelle parole che, come sussurri dal futuro, ora si raccolgono nel volume postumo “Il mio San Francesco”, un’opera che si presenta non come un mero resoconto, ma come un testamento spirituale lasciato da Papa Bergoglio.

Il libro, frutto di un intimo dialogo con il cardinale Marcello Semeraro, offre uno sguardo inedito sul legame profondo che ha animato il Pontificato di Francesco, un legame incarnato nella scelta del nome, un omaggio al Santo d’Assisi che diviene, attraverso queste pagine, un faro per la sua missione.

L’opera non è un’autobiografia nel senso tradizionale del termine, ma una disamina, un’esplorazione dei temi centrali del magistero papale: la custodia del creato, l’anelito alla pace, l’imperativo della fraternità universale, intrecciati con riflessioni personali e universali.

Dalla critica esplicita alle dinamiche corrotte interne alla Chiesa, al significato intimo e necessario della preghiera, passando per la comprensione del rapporto con la povertà, la famiglia, il dolore e, inevitabilmente, la morte, il volume si configura come un’eredità intellettuale e spirituale di inestimabile valore.

La sua autenticità è avvalorata dal *nihil obstat* concesso dal Pontefice in persona, solo pochi giorni prima del suo decesso, un sigillo di approvazione che ne attesta il carattere profondamente personale e significativo.

Bergoglio, con la chiarezza disarmante che lo contraddistingue, sottolinea l’importanza cruciale dell’incontro con il povero, definendolo un’esperienza simile a un nuovo Vangelo, tangibile e concreto, che trascende le parole scritte e le liturgie.

Ma l’incontro, egli stesso ammette, è ostacolato dalla difficoltà di confrontarsi con la sofferenza, con le ingiustizie che generano la povertà, e con la conseguente necessità di rinunciare alle nostre sicurezze e comodità.
“Il mio San Francesco” non è solo un libro, ma un invito a superare le barriere emotive e culturali che ci allontanano dai più vulnerabili, a spalancare il cuore alla compassione e all’azione.

L’opera, che vedrà la luce il 18 settembre, si presenta come un’opportunità unica per riascoltare la voce di Francesco, per meditare sul significato della sua eredità e per trarre ispirazione per un cammino di fede più autentico e impegnato.

Papa Leone XIV, in una missiva al curatore del volume, esprime la sua gratitudine per la pubblicazione, sottolineando come essa permetta di ritrovare la voce del Pontefice.
Similmente, il cardinale Pietro Parolin descrive il libro come un “testamento spirituale”, fatto di memorie vive e di rendimenti di grazie, un’ultima, preziosa testimonianza di una vita dedicata al servizio del prossimo.

L’evento di lancio, preceduto da una presentazione il 10 settembre ad Assisi, si configura come un momento di riflessione e di celebrazione dell’uomo e del Pontefice, un’occasione per onorare la sua memoria e per rinnovare l’impegno a seguire il suo esempio.
L’eredità di Francesco non è un modello da imitare pedissequamente, ma una chiamata a trasformare il mondo, a costruire ponti di dialogo e di speranza, a testimoniare l’amore di Dio in un mondo afflitto da divisioni e ingiustizie.

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