09 luglio 2024 – 19:45
Durante il corso del suo lavoro, un consulente tecnico di parte si è trovato ad affrontare un grave errore che gli è costato caro. In seguito alla sua partecipazione come consulente della difesa in un processo legato alla mafia, incaricato di trascrivere le intercettazioni telefoniche e ambientali, si è visto accusare dal pm Paolo Toso di aver diffamato i militari della compagnia dei carabinieri di Chivasso. Il procuratore ha richiesto una condanna a 3 anni di carcere per questo presunto reato. Nel 2021, durante il processo Cerbero, il perito ha presentato una relazione tecnica in cui ha criticato pesantemente l’operato della polizia giudiziaria, accusandola di aver distorto la realtà oggettiva delle registrazioni effettuate durante una telefonata intercettata.Oggi, Antonio Milicia, architetto specializzato in perizie grafiche e trascrizioni, è uscito indenne anche dall’Appello: è stato assolto perché il fatto contestatogli non costituiva reato, come già aveva stabilito il giudice monocratico. L’esperto designato dagli avvocati Ercole Cappuccio e Rocco Femia – che lo hanno poi difeso nell’accusa di calunnia – era stato accusato di aver attribuito falsamente a dieci carabinieri delle informazioni errate riguardanti un documento della polizia giudiziaria relativo all’operazione Miracle. Questa operazione aveva portato al maxi-processo contro le connessioni tra le cosche locali della ‘ndrangheta di Volpiano e San Giusto Canavese e due organizzazioni dedite allo spaccio con base a Barriera di Milano e nel Canavese.Secondo l’architetto, la pubblica accusa aveva focalizzato erroneamente su un breve intervallo temporale di circa 12 secondi all’interno dell’intercettazione telefonica contestata. Dopo aver ascoltato attentamente i file originali, si era rivelato che l’anomalia riscontrata derivava da un semplice errore nella marcatura del minutaggio e che la trascrizione non riguardava esclusivamente quei brevi secondi oggetto della controversia sollevata dal perito.In seguito alla notifica dell’avviso di chiusura delle indagini per calunnia, il consulente tecnico aveva chiarito di non aver mai avuto l’intenzione di attribuire informazioni false alla pubblica accusa. Anzi, aveva ammesso l’errore commesso in una nota dove confessava di essersi limitato ad ascoltare solo quei dodici secondi incriminati anziché l’intera registrazione audio. Pertanto, nel primo grado del processo il giudice monocratico si era limitato a censurare le valutazioni oggettivamente scorrette e il tono inappropriato e irrispettoso nei confronti delle Forze dell’Ordine, assolvendo così l’imputato. Una decisione confermata anche in sede d’appello oggi.