La tragica vicenda che ha visto coinvolto Giusto Chiaccio, agente di polizia penale di 26 anni, e Matteo Barone, giovane di 25 anni deceduto in seguito a un incidente stradale, sta ora per essere ricostruita attraverso una complessa indagine tecnica di particolare rilevanza giuridica.
L’evento, verificatosi tre giorni fa alle prime ore del mattino in via Porpora a Milano, ha immediatamente sollevato interrogativi cruciali sulla dinamica dell’impatto, sulla velocità del veicolo e sulle responsabilità individuali.
Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) Roberto Crepaldi, a seguito dell’interrogatorio del presunto responsabile, ha convalidato l’arresto operato dalla Polizia Locale, ma ha declinato la richiesta di applicazione di misure cautelari avanzata dal pubblico ministero Maurizio Ascione.
La decisione, pur inquadrata nella gravità intrinseca del decesso, riflette una valutazione prudente del profilo del presunto imputato, difeso dall’avvocato Giuseppe De Lalla, che non ha ritenuto sussistenti elementi sufficienti per destare allarme in relazione alla sua personalità.
Per dirimere le incertezze sulla ricostruzione dell’accaduto, la Procura ha deciso di avvalersi di una consulenza cinematica, una procedura tecnica innovativa volta ad analizzare i filmati disponibili (immagini di videosorveglianza, ricostruzioni virtuali, etc.
) al fine di determinare con precisione la velocità sostenuta dal veicolo guidato dall’agente Chiaccio, un dato essenziale per l’accertamento della responsabilità.
L’autopsia sulla salma di Matteo Barone, già disposta dal pm, fornirà ulteriori elementi cruciali per stabilire le cause precise del decesso e confermare o smentire le dichiarazioni del presunto responsabile.
Durante l’interrogatorio, Chiaccio ha riferito di aver viaggiato a una velocità massima di 70 km/h, una dichiarazione che sarà oggetto di verifica accurata attraverso la consulenza tecnica.
La valutazione del GIP ha sottolineato la gravità del fatto, evidenziando la perdita di una giovane vita, ma ha anche evidenziato una scarsa manifestazione di empatia da parte dell’imputato, seppur non sufficiente a configurare una pericolosità sociale.
La decisione di non applicare misure cautelari, unitamente alla sospensione della patente, è stata interpretata come una valutazione di basso rischio di reiterazione del reato.
Il GIP ha precisato che, sebbene la velocità fosse certamente eccessiva, non può essere classificata come “spregiudicata” in questa fase delle indagini, e che lo stato di alterazione alcolica, seppur presente, risulta essere stato “modesto”.
Il pubblico ministero, tuttavia, ha sollevato una questione rilevante: l’allontanamento volontario dell’agente dal pronto soccorso, immediatamente dopo aver appreso della necessità di sottoporsi all’alcoltest, un esame che è stato eseguito solo a distanza di circa tre ore dall’incidente, solleva interrogativi sulla volontà di collaborare pienamente con le autorità e sulla possibile manomissione dei tempi necessari per una corretta analisi.
Questo aspetto potrebbe avere ripercussioni sulla valutazione della buona fede del presunto responsabile e sulla sua eventuale responsabilità penale.
La vicenda, complessa e carica di implicazioni etiche e legali, è destinata a richiedere un’attenta e approfondita disamina di tutti gli elementi a disposizione.