venerdì 12 Settembre 2025
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Genova

Testa (indagato): Nessun accordo con la mafia, solo promesse elettorali

Nel corso di un interrogatorio durato quasi due ore presso la Procura di Genova, Angelo Arturo Testa, figura chiave nell’inchiesta che ha travolto l’ex presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ha respinte con fermezza le accuse di coinvolgimento in dinamiche di voto di scambio e collusione con la criminalità organizzata.
L’uomo, insieme al fratello gemello Maurizio, anch’egli indagato, ha ribadito la totale assenza di nessi tra le loro attività e le organizzazioni mafiose, definendo l’aggravante contestato come privo di fondamento.

Le accuse derivano da presunte promesse elettorali generalizzate, interpretate come tentativi di sostegno alla comunità di Rezzonico, e non come accordi specifici in cambio di favori.
Testimonianze e documentazioni raccolte dalla Procura suggeriscono che i fratelli Testa avrebbero promesso il sostegno di circa quattrocento voti, originari del quartiere Certosa, a Matteo Cozzani, all’epoca braccio destro di Toti e capo di gabinetto.
In cambio, si presume abbiano richiesto agevolazioni, tra cui l’assegnazione di posizioni lavorative a persone vicine e la modifica della destinazione d’uso di un immobile destinato all’edilizia popolare.

Angelo Arturo Testa, affiancato dai suoi legali Stefano Vivi e Nadia Colombo, ha espresso profondo turbamento per l’intera vicenda, sottolineando l’impatto devastante sulla sua sfera personale e professionale.
L’indagato ha denunciato la perdita del lavoro presso la Regione Lombardia, con conseguente azzeramento di stipendi, trattamenti di fine rapporto e contributi pensionistici, ma ha enfatizzato come il danno morale rappresenti la ferita più profonda.

“Apparteniamo a una famiglia che ha sempre condannato la mafia e sentire queste accuse è estremamente doloroso”, ha dichiarato.
La richiesta di essere interrogato, unitamente a quella del fratello, è stata motivata dal desiderio di fornire la propria versione dei fatti, dopo la chiusura delle indagini da parte dei pubblici ministeri Federico Manotti e Luca Monteverde.

L’interrogatorio si inserisce in un più ampio giro di audizioni, che coinvolge anche figure di spicco come Paolo Piacenza, segretario generale dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale e commissario straordinario dell’Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio.

La Procura, al termine di questa fase di approfondimento, dovrà decidere se formulare una richiesta di rinvio a giudizio, delineando così il percorso processuale che seguirà.
L’inchiesta, nel suo complesso, solleva interrogativi complessi sulla corruzione, sull’uso del potere e sulle dinamiche sottese alla gestione delle risorse pubbliche, mettendo a dura prova l’immagine delle istituzioni e minando la fiducia dei cittadini.
La vicenda evidenzia, inoltre, la vulnerabilità delle comunità locali, spesso oggetto di tentativi di manipolazione politica a fini elettorali, e l’importanza di rafforzare i meccanismi di controllo e trasparenza per garantire l’integrità del sistema democratico.

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