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Ergastolo per Bruzzese: la Cassazione chiude un capitolo ‘ndranghetista

La giustizia italiana ha sancito una sentenza definitiva che segna un capitolo doloroso nella storia della criminalità organizzata calabrese e nella sua irradiazione territoriale.

Michelangelo Tripodi e Francesco Candiloro, entrambi originari della regione ionica, sono stati condannati all’ergastolo per il brutale omicidio di Marcello Bruzzese, evento che scosse profondamente la comunità di Pesaro nel giorno di Natale del 2018.

La decisione, giunta dalla Suprema Corte di Cassazione, non solo ratifica le precedenti sentenze, ma cristallizza la responsabilità dei due imputati in un delitto di inaudita gravità, intrinsecamente legato alle dinamiche interne e alle ramificazioni esterne della ‘ndrangheta.

Marcello Bruzzese non era una figura qualsiasi.

Fratello di Girolamo Biagio Bruzzese, un collaboratore di giustizia che aveva fornito informazioni cruciali agli inquirenti, la sua eliminazione rappresentava un messaggio chiaro e intimidatorio diretto a chiunque osasse infrangere il muro di omertà e collaborare con la legge.

Il delitto, commesso in un contesto di escalation di violenza e di vendette, si inserisce in un quadro più ampio di tensioni e conflitti all’interno dell’organizzazione criminale, in cui la delazione rappresenta una minaccia esistenziale.

La sentenza della Cassazione, pur rappresentando una vittoria per la giustizia e un segno di speranza per la famiglia Bruzzese, solleva interrogativi profondi sulla capacità dello Stato di contrastare efficacemente la ‘ndrangheta, un fenomeno criminale transnazionale che si è infiltrato in ogni aspetto della società italiana.

L’omicidio di Marcello Bruzzese, infatti, non è un fatto isolato, ma il sintomo di una malattia radicata nel tessuto sociale, che richiede un impegno costante e multidisciplinare da parte delle istituzioni, delle forze dell’ordine e della società civile.
La decisione giudiziaria non solo punisce i responsabili diretti del delitto, ma rappresenta anche un monito a tutti coloro che, a qualsiasi livello, sostengono e proteggono l’organizzazione criminale.

La ‘ndrangheta, pur nella sua capacità di adattamento e resilienza, non può trovare rifugio nell’impunità.

La speranza è che questa sentenza possa contribuire a rafforzare la fiducia dei cittadini nella giustizia e a incoraggiare nuove collaborazioni con la legge, per smantellare definitivamente la rete di potere e di controllo che opprime intere comunità.

L’ergastolo inflitto a Tripodi e Candiloro è un passo importante, ma la lotta contro la ‘ndrangheta è una maratona, non uno sprint, e richiede un impegno continuo e determinato per garantire un futuro più sicuro e giusto per tutti.

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