lunedì 15 Settembre 2025
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Dabal Kim: Arte, Danza e Suoni tra Corea e Mito al MAO

Al Mao, in un’inedita sinergia con il Consolato Generale della Repubblica di Corea, si dispiega “Dreaming Club – The Dream of Silence”, un’opera d’arte immersiva concepita dalla poliedrica artista coreana Dabal Kim.

Più che una semplice performance, si tratta di un’indagine estetica e concettuale che intreccia cinepoesia, danza contemporanea e paesaggi sonori all’avanguardia, un’esplorazione guidata dal collettivo Dreaming Club, fondato dalla stessa Kim, e arricchita dalla collaborazione con il direttore artistico DongHun Sung, la sound artist Jina Hwang e la danzatrice Sunyoung Heo.
Mercoledì 17 settembre, alle ore 18:30, il giardino del museo si trasformerà in un locus di riflessione e movimento, un palcoscenico effimero dove la storia e la contemporaneità si confrontano.
Il punto di partenza è l’iconografia solenne dell’ultimo Impero coreano: l’austero hyeonui nero, l’abito imperiale maschile, e il wonsam femminile, un abito dai colori vibranti e dalle forme elaborate.

Questi simboli di potere e tradizione vengono sottoposti a un processo di decostruzione creativa, smontati e riassemblati in forme inaspettate, sfidando le rigide definizioni di genere e di rappresentazione.
I costumi di scena, veri e propri oggetti performativi, non sono semplici indumenti, ma elementi chiave che contribuiscono a costruire un’identità fluida, un’identità che si manifesta attraverso il corpo dei performer e dei danzatori, trasformandoli in sculture viventi.
L’accompagnamento musicale, originale e suggestivo, tesse un dialogo tra l’antico e il moderno, fondendo il suono profondo e ancestrale del geomungo, la cetra coreana a sei corde, con la texture innovativa di paesaggi sonori elettronici.
Questa giustapposizione timbrica crea un’atmosfera di sospensione, un ambiente dove la memoria collettiva si fonde con l’esperienza contemporanea.
L’ispirazione al mito greco di Ermafrodito si rivela come una chiave interpretativa fondamentale: l’opera invita a superare le limitazioni imposte dalle categorie binarie, proponendo un’idea di identità come processo continuo, come somma di molteplici elementi, come celebrazione della diversità e dell’ibridazione.

Parallelamente alla performance, dal 10 al 20 settembre, nella sala polifunzionale del museo, sarà proiettato “A Thousand Dreaming Plateaus”, un cinepoema immersivo, privo di dialoghi, che trascende i confini geografici e temporali.
Il filmato si snoda attraverso tre luoghi carichi di significato per la cultura coreana: l’imponente altare imperiale di Hwangudan, testimone di rituali secolari, e un’isola immaginaria, un luogo di confine tra acqua e terra, un simbolo di trasformazione e di possibilità inesplorate.

“A Thousand Dreaming Plateaus” si configura come un viaggio introspettivo, un’esplorazione dell’inconscio collettivo, un invito a sognare nuove realtà e a interrogare le nostre certezze.

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