24 luglio 2024 – 17:45
L’operazione Minotauro a Torino ha rappresentato un punto di svolta nella lotta alla ndrangheta, rivelando una presenza profonda e diffusa della criminalità organizzata nel capoluogo piemontese. Questa inchiesta condotta nel 2011 ha portato alla luce la complessità dell’innesto della ‘ndrangheta in diversi settori della comunità torinese, coinvolgendo trasversalmente diverse figure che sono poi emerse anche nelle successive operazioni contro la criminalità organizzata.Il sostituto procuratore Paolo Toso ha guidato le indagini che hanno portato all’arresto di 142 persone in Piemonte, Lombardia, Liguria e Calabria, smantellando otto clan attivi a Torino e sei nell’hinterland. Tra i principali arrestati figurava anche Roberto Rosso, allora assessore nella giunta piemontese di Alberto Cirio. Le indagini hanno rivelato una presenza consolidata delle ‘ndrine a Torino con legami diretti ai vertici calabresi, gestendo locali nel territorio torinese.Dopo l’inchiesta, la procura ha chiesto la condanna di 73 imputati per associazione di stampo mafioso. I principali condannati includono Aldo Cosimo Crea, Francesco D’Agostino, Giuseppe Trunfio e Vito Marco Candido. L’operazione Minotauro ha anche evidenziato come le famiglie criminali fossero riuscite ad infiltrarsi nel tessuto politico locale attraverso il voto di scambio, ottenendo favoritismi nei consigli comunali di Leini e Rivarolo Canavese.In cambio di appalti e concessioni nel settore delle costruzioni, le cosche avevano stabilito relazioni privilegiate con esponenti politici locali come l’ex sindaco Nevio Coral. L’operazione Minotauro non solo ha smascherato la presenza mafiosa a Torino ma ha anche evidenziato il bisogno costante di vigilanza e azione contro la penetrazione della criminalità organizzata nei meccanismi decisionali della società civile.
