La discussione sull’opportunità di coinvolgere i medici di medicina generale nella mappatura dei nei, con l’obiettivo di accelerare le diagnosi precoci del melanoma e ridurre le liste d’attesa, solleva questioni complesse che meritano un’analisi approfondita.
L’Adeca, Associazione Dermatologi Campani, ente terzo settore, ha espresso forti riserve in merito, delineando un quadro tecnico-professionale che va al di là di una semplice operazione di screening.L’approccio corretto alla valutazione di lesioni cutanee non si esaurisce con la mappatura dei nei, bensì si fonda su una visita dermatologica completa.
Questa implica un’anamnesi accurata, focalizzata su fattori di rischio individuali e storia familiare, e un’ispezione clinica sistematica dell’intera superficie cutanea.
Durante questa fase, si raccolgono dati cruciali come il fototipo cutaneo, la presenza e la natura di neoformazioni, il numero e l’aspetto clinico dei nei, applicando metodologie standard come la regola dell’ABCD.
Solo successivamente, e in casi selezionati, si ricorre alla dermoscopia, un esame che richiede un apparecchio specifico e, soprattutto, un’interpretazione affidabile che dipende dall’esperienza e dalla competenza del medico dermatologo, maturata attraverso anni di formazione specialistica, masters, corsi di perfezionamento e aggiornamento professionale continuo.
La dermoscopia, inoltre, non rappresenta l’ultimo gradino di un percorso diagnostico.
Lesioni sospette, o già classificate come ad alto rischio, necessitano di esami strumentali avanzati come la videodermatoscopia, la microscopia confocale, l’OCT (Tomografia a Coerenza Ottica) e la TBP (Trasilluminazione Biossintetica).
Anche questi esami, come la dermoscopia, sono fortemente dipendenti dall’abilità e dalla formazione del professionista che li esegue.
L’associazione dermatologica campana sottolinea quindi che la questione non è semplicemente chi possa effettuare la mappatura dei nei, ma piuttosto chi possieda le competenze necessarie per interpretare correttamente i risultati, gestire le complessità diagnostiche e terapeutiche che possono emergere.
Invece di delegare compiti specialistici, Adeca propone una strategia più efficace per migliorare l’assistenza e ridurre le attese: un rafforzamento della dermatologia territoriale attraverso l’assunzione di più dermatologi nei distretti sanitari, l’adeguamento delle attrezzature ambulatoriali, un aumento del numero di specialisti formati e il miglioramento delle condizioni di lavoro per i dermatologi, rendendo la professione più attrattiva per i giovani.
Questo implica non solo un investimento economico, ma anche un’attenzione alla qualità dei servizi offerti, all’ambiente di lavoro e al riconoscimento economico degli specialisti.
Affidare compiti specialistici a medici di medicina generale, già oberati di lavoro e impegnati nella gestione di patologie croniche complesse, rischia di compromettere la qualità dell’assistenza e non affronta il problema alla radice.
La soluzione risiede nel potenziamento della specializzazione dermatologica e nell’integrazione dei dermatologi all’interno del sistema di assistenza territoriale.