mercoledì 17 Settembre 2025
25.4 C
Rome

Fermarsi: l’invito del Papa per ritrovare il ritmo della vita.

Nel vortice incessante del vivere quotidiano, spesso ci sentiamo inghiottiti da una frenesia inarrestabile, un’urgenza di produrre, di affermare, di accumulare che ci impedisce di assaporare la pienezza dell’esistenza.
Il Papa, con acume e profonda spiritualità, ci invita a una pausa, a un’inversione di rotta: fermarsi.

Non come resa, non come cedimento alla pigrizia, ma come atto di fede, come scelta consapevole di riconnettersi con il ritmo più ampio dell’universo.

Il Sabato Santo, giorno di sospensione, di attesa del Risorto, ci rivela una verità essenziale: la vita trascende il mero dispiegamento delle nostre azioni.

Non è sufficiente *fare*; è cruciale anche *essere* nel tempo che precede e accompagna il compimento.
È il momento di abbandonare la presunzione di poter controllare ogni aspetto del nostro percorso, di riconoscere i limiti intrinseci alla nostra condizione umana.

La cultura contemporanea, con la sua ossessione per l’efficienza e la rapidità, ci spinge a ricercare soluzioni immediate, a pretendere risultati tangibili in tempi brevissimi.
Tuttavia, la grazia divina opera in modo diverso: si manifesta nel profondo, nel silenzio, nella lentezza dell’attesa fiduciosa.

Dio non teme il tempo, anzi, lo governa, lo permea di significato.

Anche quei momenti che percepiamo come “inutili” – le pause, i silenzi, le apparenti sterilità – possono diventare feconde matrici di rinnovamento, *grembi* di risurrezione, luoghi in cui la speranza germoglia silenziosamente.
Non è nel trionfo rumoroso, nell’esultanza superficiale, che la fede si rafforza, ma nell’abbandono fiducioso, nella contemplazione serena.
La vera speranza cristiana non è figlia dell’euforia effimera, ma della profonda accettazione dei limiti, della consapevolezza che la crescita spirituale richiede tempo, pazienza e un continuo distacco dall’illusione del controllo.

Imparare a fermarsi, dunque, è un esercizio di umiltà, un atto di amore verso noi stessi e verso il prossimo, un invito a riscoprire il valore intrinseco dell’attesa, abitata dalla fede e dalla speranza.
È un ritorno alle radici, un abbraccio al mistero che ci sostiene e ci trascende.

- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -