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Torino

No Tav, processo preliminare: accuse e riflessioni sul diritto di protesta

L’aula di giustizia torinese ha accolto l’inizio dell’udienza preliminare che coinvolge tredici individui legati al movimento No Tav, con accuse derivanti da episodi verificatisi durante quattro distinti momenti di protesta nella Valle di Susa.
Il procedimento, un derivato di una più ampia inchiesta denominata “Sovrano” condotta dalla Divisione Investigativa della Polizia di Stato (Digos), focalizzata sul centro sociale Askatasuna, solleva interrogativi complessi relativi all’esercizio del dissenso, alla gestione delle proteste e al ruolo delle forze dell’ordine in contesti di forte polarizzazione sociale.
Le manifestazioni oggetto dell’indagine, datate 18 luglio 2020, 1° gennaio 2021, 17 aprile 2021 e 21 luglio 2021, rappresentano momenti cruciali della lunga e aspra contesa legata alla costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione.

Questo progetto infrastrutturale, percepito da molti residenti come un’imposizione esterna e un’inaccettabile compromissione del territorio, ha generato un’opposizione tenace e prolungata, che ha visto il coinvolgimento di diverse componenti sociali e la mobilitazione di attivisti provenienti da varie parti d’Italia.

Le accuse mosse agli imputati spaziano dalla resistenza a pubblico ufficiale, un reato che implica un’opposizione attiva e violenta nei confronti degli agenti delle forze dell’ordine, all’interruzione di pubblico servizio, che presuppone l’ostacolo all’erogazione di servizi essenziali per la collettività.

Particolarmente significativa è l’accusa relativa all’uso di equipaggiamento volto a eludere l’identificazione – caschi, passamontagna, occhiali – che solleva interrogativi sulla volontà di proteggere l’identità dei manifestanti e sulla percezione di una potenziale escalation del conflitto con le autorità.
L’indagine “Sovrano” e il conseguente processo preliminare non riguardano solamente gli eventi specifici delle quattro manifestazioni, ma toccano questioni più ampie concernenti la natura stessa del movimento No Tav, le dinamiche interne alle sue diverse componenti, e le modalità con cui l’azione di protesta si è evoluta nel tempo.

Si pone, inoltre, la questione della legittimità della risposta delle forze dell’ordine in situazioni di dissenso popolare, valutando se l’utilizzo di misure repressive sia stato proporzionato rispetto alla gravità delle infrazioni commesse.

Il processo, pertanto, si configura come un momento di riflessione sulla complessità delle relazioni tra cittadini, istituzioni e territorio, e sulla necessità di garantire il diritto alla manifestazione pacifica, tutelando al contempo l’ordine pubblico e la sicurezza collettiva.

L’esito giudiziario avrà implicazioni significative non solo per gli imputati coinvolti, ma anche per la comprensione delle dinamiche sociali e politiche che animano la Valle di Susa e per la definizione dei limiti entro i quali può essere esercitato il diritto di opposizione a progetti infrastrutturali controversi.

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