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Mestre ricorda Jack: cena di comunità per non dimenticare.

Un anno fa, il 20 settembre, Mestre fu teatro di una tragedia che scosse profondamente la comunità: la perdita di Giacomo “Jack” Gobbato, un giovane di Jesolo, strappato alla vita a soli 26 anni.
La sua morte, avvenuta a seguito di un violento episodio di aggressione in Corso del Popolo, ha lasciato un vuoto incolmabile e ha riacceso il dibattito sulla sicurezza urbana, la giustizia sociale e il ruolo della cittadinanza attiva.
Per commemorare Jack e riflettere sul significato della sua eredità, il Centro Sociale Rivolta, il Laboratorio Climatico Pandora e la rete Riprendiamoci la Città organizzano una cena di quartiere, un momento di condivisione e memoria aperto a tutta la cittadinanza.
L’appuntamento è fissato per questa sera, dalle 18, proprio in Corso del Popolo, il luogo simbolo di quella fatale sera.

Si prevede una partecipazione massiccia, con l’obiettivo di coinvolgere almeno 800 persone, a testimonianza dell’impatto che la sua storia ha avuto sulla comunità.
L’azione eroica di Jack, che intervenne per difendere una donna durante una rapina, rappresenta un atto di coraggio e di giustizia sociale che va ricordato.
La sua scomparsa, tuttavia, ha messo a galla le fragilità di un tessuto urbano segnato da una gestione amministrativa che, negli anni passati, ha privilegiato approcci inadeguati e soluzioni inefficaci, lasciando aree periferiche vulnerabili e prive di presidi di sicurezza.
La sua morte non fu solo una perdita personale per chi lo conosceva, ma anche un campanello d’allarme per l’intera città.

Sebastiano, l’amico presente al momento dell’aggressione, riportò ferite che testimonianza della violenza subita.
La giustizia, in primo grado, ha condannato all’ergastolo Serghiei Merjievschii, un cittadino moldavo di 38 anni, ritenuto responsabile dell’omicidio.
La risposta popolare fu immediata e sentita: una settimana dopo la tragedia, una manifestazione pacifica vide scendere in piazza diecimila persone, un fiume umano che voleva dare voce al dolore e alla rabbia collettiva, esprimendo al contempo un desiderio di cambiamento.

La cena di quartiere non è solo un momento di lutto, ma un atto di resilienza e di speranza.
Gli organizzatori sottolineano l’importanza di “riempire il vuoto” lasciato dalla sua assenza, promuovendo una nuova cultura della convivenza urbana, basata sulla partecipazione attiva dei cittadini.
La sicurezza, infatti, non può essere delegata esclusivamente alle forze dell’ordine, ma deve essere il risultato di un impegno condiviso, di una presenza costante e di una reciproca responsabilità.

“Perché sarà più sicura solo se la vivremo insieme,” affermano gli organizzatori, invitando tutti a riappropriarsi degli spazi pubblici, a costruire relazioni sociali positive e a creare una comunità più solidale e inclusiva.

L’eredità di Jack Gobbato, dunque, vive nell’impegno di chi vuole una città più giusta, più sicura e più umana.

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