L’eco straziante del gesto disperato compiuto all’interno del carcere di Perugia risuona come un macabro campanello d’allarme, un’ulteriore ferita nel tessuto fragile del nostro sistema penitenziario.
Unanime è il cordoglio, espresso dal Garante per i diritti dei detenuti, Giuseppe Caforio, dalla Presidente Stefania Proietti e dall’Assessore Fabio Barcaioli, un coro di voci che denunciano una crisi profonda e pluridimensionale.
La consigliera regionale Maria Grazia Proietti (Pd) condivide questo dolore e sollecita un’azione immediata e risolutiva, un cambio di paradigma che metta al centro la dignità e l’umanità dei detenuti.
Le cifre, pur agghiaccianti, rischiano di anestetizzare la coscienza collettiva: novantuno suicidi solo nel 2024, un dato che il 2025 sembra destinato a confermare con una tragica continuità.
Queste non sono semplici statistiche; sono la testimonianza silenziosa di una sofferenza insopportabile, di vite spezzate, di famiglie devastate.
Dietro ogni numero si celano storie di emarginazione, di malattia mentale, di traumi irrisolti, di speranze infrante, spesso amplificate dalla condizione di detenzione.
L’Umbria, come molte altre regioni, è afflitta da un problema endemico: il sovraffollamento carcerario.
Le udienze in commissione hanno evidenziato come le strutture di Terni e Perugia abbiano superato da tempo i limiti di sicurezza, compromettendo gravemente la salute psico-fisica dei detenuti e mettendo a dura prova le forze dell’ordine e il personale civile.
La convivenza forzata in spazi angusti, l’assenza di attività formative e riabilitative adeguate, la precarietà delle relazioni sociali, creano un ambiente insostenibile che favorisce l’aggravarsi di patologie psichiatriche e comportamenti autodistruttivi.
L’istituzione del nuovo Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria per Umbria e Marche, con sede a Perugia, rappresenta un passo avanti, un tentativo di razionalizzare l’organizzazione e migliorare i servizi offerti.
Tuttavia, è fondamentale comprendere che la soluzione non risiede solo in interventi strutturali, ma in una riforma più ampia che coinvolga il legislatore, la magistratura, le forze dell’ordine, il personale sanitario e le associazioni del terzo settore.
È necessario promuovere un approccio multidisciplinare che tenga conto delle specifiche esigenze di ogni detenuto, offrendo percorsi di reinserimento sociale personalizzati, sostegno psicologico, opportunità di formazione professionale e attività culturali.
È indispensabile rafforzare il ruolo delle associazioni di volontariato, che svolgono un lavoro prezioso nel creare ponti tra il mondo esterno e il carcere, offrendo un sostegno umano e una prospettiva di speranza.
La consigliera Proietti si impegna a proseguire il suo lavoro in questa direzione, promuovendo iniziative legislative che mirino a migliorare le condizioni di vita detentiva, a tutelare i diritti fondamentali e a restituire dignità a chi vive e lavora negli istituti penitenziari.
La sfida è complessa, ma la responsabilità di non voltare le spalle a chi si trova in condizioni di fragilità è un imperativo morale che non possiamo eludere.
Il silenzio, in questo frangente, è l’ennesima condanna.