13 agosto 2024 – 20:13
Le cabine telefoniche e le stazioni ferroviarie rappresentavano spesso l’unico rifugio dove gli immigrati potevano trovare riparo, a volte addirittura dormendo, poiché era estremamente difficile trovare un alloggio, soprattutto appena arrivati in Svizzera. Baracche trasformate in abitazioni collettive, con condizioni igieniche precarie, erano la triste realtà vissuta dagli stranieri, evocata anche nelle struggenti canzoni di Giovanna Marini. Luoghi dove agli italiani veniva vietato l’accesso, come ricorda Giuseppe, oggi ottantenne: “trovavi scritto a destra gli svizzeri, a sinistra gli stranieri e i cani”. Questa segregazione silenziosa ricorda un periodo di ‘apartheid’ sociale, rievocato attraverso testimonianze, scene cinematografiche e servizi giornalistici che mettono in luce la dura vita degli immigrati italiani giunti in Svizzera negli anni ’60.Il documentario “La prodigiosa trasformazione della classe operaia in stranieri”, diretto dal regista iracheno/svizzero Samir e presentato fuori concorso al Locarno Film Festival, ha richiesto tre anni di ricerca per essere completato. Il cineasta sottolinea: “Molti dei miei collaboratori erano giovani e non sapevano nulla di quanto accaduto. Sono rimasto sorpreso dalla tendenza degli immigrati italiani a tacere sulle proprie esperienze passate”. Il film mescola la dimensione sociale con quella personale del regista stesso, nato a Baghdad e trasferitosi in Svizzera negli anni ’60 con la sua famiglia. Samir è stato testimone del razzismo subito dagli immigrati e si è impegnato attivamente nelle lotte sociali della comunità straniera.Il racconto si spinge fino ai figli dei migranti che crescevano isolati nella loro stessa casa per paura delle restrizioni sui ricongiungimenti familiari. Un clima di razzismo dilagante tra politici culminò nel referendum del 1970 che mirava a limitare gli stranieri al 10% della popolazione svizzera. Tuttavia, il decennio successivo vide un cambiamento positivo con l’unione e l’organizzazione sociale e sindacale degli immigrati. Gli anni ’80 segnarono una valorizzazione dell’italianità nella moda e nella gastronomia svizzera.Oggi, purtroppo, molti errori del passato si ripetono nei confronti dei migranti provenienti da altri Paesi. Samir sottolinea la mancanza di apprendimento globale da parte delle società nel trattare le diversità culturali. Nonostante la convivenza armoniosa delle varie culture in Svizzera, esistono ancora leggi restrittive sulla naturalizzazione degli stranieri. La speranza per il regista risiede nelle nuove generazioni attive sui temi sociali. Mentre una signora svizzera figlia di migranti italiani ringrazia commossa Samir per aver rivissuto le esperienze dei suoi genitori attraverso il film.