(di Paolo Biamonte, rielaborato)Giovedì 25 settembre, l’Arena di Verona si accende per celebrare i settant’anni di Zucchero, un traguardo che si compie nel luogo che ha consacrato la sua carriera, un palcoscenico dove il pubblico lo accoglie con un affetto ineguagliabile, testimoniato da dodici date sold-out.
È un momento per ripercorrere un cammino artistico che ha segnato un’epoca, un percorso che affonda le radici in una giovinezza trascorsa tra le pareti di una chiesa di Roncocesi, in provincia di Reggio Emilia, e si proietta verso orizzonti mondiali.
Il pensiero di Adelmo Fornaciari, inevitabilmente, vaga indietro nel tempo, rievocando le prime esperienze musicali e il lungo, arduo percorso che lo ha portato a condividere la sua arte con un pubblico globale.
L’espressione “Wherever I Lay My Hat (That’s My Home)” di Marvin Gaye risuona potente, incarnando la sua filosofia di vita, un nomadismo artistico che ha trasformato ogni palcoscenico in una casa.
La sua è la storia di una perseveranza ostinata, una determinazione che ha saputo abbattere le barriere e superare le difficoltà, aprendo le porte a collaborazioni inaspettate e memorabili.
Miles Davis, Eric Clapton, Bono, Sting, Joe Cocker, B.
B.
King, Sam Moore, John Lee Hooker, Paul Young: solo alcuni nomi di leggende che hanno condiviso il palco con lui, testimoniando la sua innegabile talento e la sua capacità di creare connessioni genuine.
L’iniziativa “Pavarotti e Friends” deve molto alla sua visione, e l’idea di coinvolgere un giovane e promettente Andrea Bocelli per la registrazione del “Miserere” ha contribuito a lanciare la carriera del tenore verso una fama internazionale.
La rinuncia a unirsi ai Queen dopo la scomparsa di Freddie Mercury, un’offerta allettante, dimostra una scelta artistica consapevole, volta a preservare la sua identità musicale.
Il repertorio aneddotico di Zucchero è una miniera d’oro di storie esilaranti, come l’incontro con Miles Davis, un episodio che racconta l’umiltà e l’innocenza di un giovane artista di fronte a un’icona indiscussa.
Zucchero rappresenta un’anomalia felice nel panorama musicale italiano, un artista che ha saputo reinterpretare il soul e il blues con un’originalità inconfondibile, conquistando un pubblico internazionale al di là dei confini di Stati Uniti e Inghilterra.
La sua abilità risiede nella sapiente fusione di influenze black con la sensibilità della canzone d’autore italiana.
Il ricordo di Peppone, personaggio emblematico della narrazione popolare italiana, sembra risuonare nel suo animo, come dimostra l’esibizione al Cremlino durante l’era Gorbaciov, un momento storico che ha segnato la caduta del Muro di Berlino.
La passione per la musica cubana lo ha portato a registrare un album e a condividere momenti di ispirazione sul Malecón, dove lo sguardo si perdeva tra i fantasmi della gioventù di Fidel Castro, Che Guevara e Camilo Cienfuegos.
Nonostante il rapporto altalenante con il Festival di Sanremo, dove il successo tardivo, con “Donne” nel 1985, non ha immediatamente aperto le porte del successo, Zucchero ha saputo incassare la sua rivincita nel 2001, firmando i brani vincitori, “Luce (tramonti a Nord Est)” di Elisa e “Di sole e di azzurro” di Giorgia.
Cittadino onorario di Memphis, un riconoscimento che testimonia il suo profondo legame con la culla del blues, e Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, Zucchero incarna un artista che ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica, un cantautore che ha saputo trasformare il dolore e la gioia in melodie universali.