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venerdì 24 Ottobre 2025

Agricoltori in Piazza: la Toscana protesta contro il declino del grano duro.

La mobilitazione degli agricoltori toscani, con oltre mille manifestanti riuniti a Firenze, riflette una crescente ondata di disagio che travolge il settore primario italiano.

La protesta, parte di un movimento nazionale, non è solo un grido d’allarme, ma una denuncia serrata contro dinamiche commerciali distorsive che minacciano l’esistenza stessa di migliaia di aziende agricole.

Il cuore della questione risiede nella profonda crisi strutturale che ha eroso la produzione di grano duro in Toscana negli ultimi vent’anni, con una perdita di superficie coltivata e di resa che ha dimezzato il settore.

Questo declino, aggravato da costi crescenti e prezzi di vendita irrisori, mette a rischio il tessuto economico e sociale di intere comunità rurali.
Gli agricoltori rivendicano una ridefinizione radicale del mercato, incentrata sulla tutela della dignità del lavoro agricolo e sul rispetto della legge contro le pratiche commerciali sleali.
L’abolizione delle borse merci locali, spesso terreno di speculazione e di prezzi imposti, è un punto cruciale.

La proposta di istituire una Commissione Unica Nazionale (CUN) per la formazione di un prezzo equo e trasparente mira a garantire una corretta valutazione del prodotto, eliminando la possibilità di “svendere” il grano al di sotto dei costi di produzione.
La denuncia di Coldiretti Toscana, supportata dai dati Ismea relativi al costo di produzione, evidenzia un divario inaccettabile: il costo di un chilo di pasta, prodotto con grano italiano, supera di gran lunga il valore che viene riconosciuto ai produttori stessi.
Questa disparità è esacerbata dall’aumento delle importazioni provenienti da paesi terzi, spesso caratterizzate da standard qualitativi inferiori e pratiche agricole che non rispettano la sostenibilità ambientale e la sicurezza alimentare.
L’importazione di grano contaminato da glifosato, sostanza vietata in Italia, è un esempio emblematico di questa problematica.

L’impennata dei costi di produzione, che nel biennio 2023-2025 ha superato il 40-50%, in contrapposizione a una diminuzione altrettanto marcata dei prezzi di vendita, ha reso il settore agricolo toscano – e non solo – economicamente insostenibile.
Testimonianze dirette, come quella del cerealicoltore Tonino Caccese e dell’agricoltore Elia Sardone, narrano di un passato di prosperità, legato alla tradizione e alla qualità dei prodotti locali, che si è progressivamente dissolto a causa di fattori economici, climatici e speculativi.

L’abbandono della coltivazione del grano duro in aree storicamente vocate come la Valdorcia è un sintomo allarmante di questa crisi profonda.
La richiesta di maggiore controllo sulle importazioni, l’adozione di contratti di filiera per la difesa del reddito agricolo e la valorizzazione dei prodotti locali rappresentano un appello alla politica e ai consumatori: riconoscere il valore del lavoro agricolo, garantire la sicurezza alimentare e preservare il patrimonio agricolo italiano sono imperativi per un futuro sostenibile.
La protesta degli agricoltori toscani non è solo una rivendicazione economica, ma un invito a riflettere sul significato stesso del cibo che consumiamo e sul ruolo cruciale che l’agricoltura svolge nella nostra società.

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