sabato 27 Settembre 2025
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Venezia

Valeria Bruni Tedeschi e Duse: l’arte della sottrazione e della verità.

Valeria Bruni Tedeschi, in un dialogo appassionato al Cabalbio Film Festival, svela il nucleo del suo approccio alla recitazione: una sottrazione continua, un’erosione delle sovrastrutture, una ricerca implacabile dell’essenziale.

Più che un’interpretazione, si tratta di un processo di rivelazione, di spogliare il personaggio fino a raggiungere il cuore pulsante dell’umanità che lo anima.

Evoca l’immagine di Eleonora Duse, non come l’icona immortale della scena, ma come una donna incontrata in un viaggio, una compagna di sguardi fugaci, un’anima gemella con cui condividere silenzi e verità.

La preparazione, il documentarsi attraverso biografie e corrispondenza, si rivelano strumenti utili, ma non sufficienti.
Il vero incontro avviene nel tentativo di accostarsi a Duse come a una persona comune, con le sue fragilità, i suoi dubbi, le sue contraddizioni.
La ricerca della verità, sostiene l’attrice, è il filo conduttore che lega la vita privata alla costruzione di un personaggio, un percorso irto di errori e imprecisioni, ma illuminato dalla bellezza intrinseca dell’essere umano.

Il “talento”, con un sorriso malizioso, si definisce poco più che un’etichetta commerciale, un nome che assolve una funzione economica, non una qualità innata.
L’eredità di Duse, per Bruni Tedeschi, risiede proprio in questa onestà radicale, nella capacità di mostrare le proprie debolezze senza maschere né filtri.

La complessità di una figura materna, lacerata tra l’amore per la figlia e i rimpianti, genera un’empatia profonda, una tenerezza inaspettata.
Il passaggio dalla grandezza scenica della Duse alla figura di Sandre, protagonista de “L’attachement – La tenerezza”, testimonia la straordinaria versatilità dell’attrice.
Sandre è una donna indipendente, una scrittrice affermata, che si confronta con la vicinanza di un dolore straziante: Alex, il vicino di casa, consumato dal lutto per la perdita della moglie e dalla responsabilità di due figli, uno di sei anni e una neonata.

La narrazione si sviluppa attraverso l’osservazione discreta, l’immedesimazione silenziosa, l’emergere di un legame inatteso, un’eco di solitudine che si rispecchia tra due anime ferite, un microcosmo di umanità fragile e resiliente.
La tenerezza, in questo contesto, non è un sentimento sdolcinato, ma la forza discreta che permette di affrontare il dolore e di ritrovare un senso di appartenenza.

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