Il tribunale di Verbania si appresta a emettere la sentenza definitiva nel caso di Giancarlo Murroni, un uomo di 64 anni imputato per un efferato tentativo di aggressione chimica perpetrato ai danni della sua ex compagna.
La Procura, nella richiesta di conclusione del processo con rito abbreviato, ha formulato una condanna a tre anni di reclusione, una riduzione rispetto alla pena base di quattro anni e sei mesi, che tiene conto delle attenuanti possibili legate alla scelta del rito e alle circostanze del caso.
L’accusa, che ha portato alla detenzione preventiva dell’uomo, è gravissima: tentato danneggiamento dell’aspetto fisico della persona mediante lesioni permanenti al viso, un reato perseguibile con particolare severità.
A questa accusa si aggiungono aggravanti che ne inaspriscono la gravità, come la premeditazione, l’utilizzo di sostanze corrosive – in questo caso, acido muriatico – e l’aver compiuto il gesto nei confronti di una persona legata all’imputato da una relazione sentimentale interrotta, configurando un contesto di violenza emotiva e psicologica protratta nel tempo.
La presenza di atti persecutori, suggerita dall’iter investigativo, evidenzia come l’aggressione non sia stata un evento isolato, ma il culmine di un comportamento ossessivo e minaccioso.
L’aggressione, consumatasi nel dicembre 2024 all’interno di un salone di parrucchiera, ha visto l’imputato utilizzare due contenitori di acido cloridrico al 6,5%, una concentrazione sufficiente a causare danni significativi se fosse entrata in contatto con la pelle o gli occhi.
Fortunatamente, la vittima ha subito prevalentemente un trauma psicologico profondo, sebbene non siano mancati danni superficiali.
L’incidente ha sollevato interrogativi sulla disponibilità e l’uso di sostanze pericolose, e sull’importanza di misure di sicurezza più stringenti.
La vittima, attraverso il suo legale, ha avanzato una richiesta di risarcimento danni quantificata in 70.000 euro, a testimonianza del dolore e delle conseguenze durature subite.
In una fase precedente del procedimento, l’imputato aveva offerto un acconto di 4.000 euro, un gesto che, pur non alleviando la gravità delle accuse, potrebbe essere preso in considerazione nella determinazione del risarcimento finale.
Il caso Murroni incarna una drammatica escalation di violenza relazionale, dove una relazione sentimentale finita male si trasforma in un tentativo di aggressione chimica premeditato.
La vicenda pone l’attenzione sulla necessità di rafforzare la prevenzione e la tutela delle vittime di violenza di genere, promuovendo una cultura del rispetto e della responsabilità all’interno delle relazioni interpersonali e offrendo supporto psicologico e legale adeguato a chi si trova in situazioni di pericolo.
La sentenza prevista per il 15 ottobre sarà un momento cruciale per definire la risposta del sistema giudiziario di fronte a un atto di tale gravità e per ribadire l’importanza di proteggere la dignità e l’integrità fisica e psichica di ogni individuo.