Nel cuore dell’Appennino bolognese, un episodio di bracconaggio tecnologicamente avanzato ha portato alla denuncia di due uomini da parte della Polizia Locale della Città Metropolitana di Bologna, risaltando le crescenti sfide nella tutela della fauna selvatica e nella salvaguardia del patrimonio naturale.
L’incidente, verificatosi a Montebudello, nel Comune di Valsamoggia, il 30 settembre, rivela una combinazione preoccupante di tecnologie proibite e una deliberata violazione delle normative sulla caccia.
Le indagini, innescate da segnalazioni provenienti sia dalla cittadinanza che dalla guardia del Parco regionale dell’Abbazia di Monteveglio, si sono concentrate su un veicolo sospetto che operava in orario notturno, transitando tra un’area protetta del parco e zone adiacenti dove la caccia è consentita.
Le testimonianze indicavano l’utilizzo di visori notturni, strumenti che permettono l’avvistamento di animali in condizioni di scarsa illuminazione, e riferivano l’udito di spari insolitamente ‘sordi’, un sintomo rivelatore di modifiche illegali alle armi da fuoco.
L’agguato finale, orchestrato dagli agenti della Polizia Locale dopo un’attenta sorveglianza notturna, ha portato al fermo dei due uomini, rispettivamente di 65 e 45 anni.
Il ritrovamento di una carabina equipaggiata con silenziatore e visore termico ha confermato i sospetti di bracconaggio.
La presenza del silenziatore, classificato dalla legge italiana come componente di armi da guerra, ha inasprito significativamente le accuse.
L’episodio non si limita a una semplice violazione delle norme sulla caccia.
Esso solleva interrogativi più ampi sulla crescente sofisticazione del bracconaggio e sulla necessità di rafforzare i controlli e l’efficacia delle misure preventive.
L’utilizzo di tecnologie avanzate come i visori termici permette ai bracconieri di operare con maggiore discrezione, rendendo più difficile la loro individuazione.
I due individui sono ora sotto inchiesta per una serie di reati gravi, tra cui il porto abusivo di parti di armi da guerra, alterazione d’arma, caccia con mezzi vietati e violazione della giornata di silenzio venatorio.
Le perquisizioni domiciliari hanno permesso di rinvenire ulteriori prove incriminanti: un secondo silenziatore e un ulteriore visore termico, elementi che testimoniano una premeditazione e un’organizzazione più ampia.
Il cinghiale abbattuto è stato sequestrato a disposizione dell’Autorità giudiziaria per accertamenti veterinari e balistici.
Parallelamente, è stata avviata una procedura per la sospensione delle licenze di caccia dei due indagati, con l’obiettivo di impedire ulteriori violazioni e di inviare un segnale forte a tutta la comunità venatoria.
L’incidente sottolinea l’importanza di un approccio sinergico tra forze dell’ordine, guardie parco e associazioni venatorie per contrastare efficacemente il fenomeno del bracconaggio e preservare il delicato equilibrio degli ecosistemi appenninici.