16 settembre 2024 – 14:45
Nel cuore delle maestose montagne si staglia l’impresa dei viticoltori di Carema, definiti da molti come eroici ma che preferiscono identificarsi come custodi del territorio. Matteo Bosonetto, giovane e instancabile lavoratore di 31 anni, sorride soddisfatto al termine di una faticosa giornata trascorsa tra i vigneti terrazzati che si arrampicano fino a 600 metri sul livello del mare in questo piccolo borgo piemontese con poco più di settecento abitanti, dove il Piemonte sfiora la Val d’Aosta. Qui, da secoli, l’uomo ha saputo domare le aspre pendici delle montagne per coltivare un nebbiolo puro che nel 2024 celebrerà dieci anni di presidio Slow Food.Le sfide della viticoltura in montagna sono molteplici e ardue. La prima è rappresentata dall’altitudine estrema che caratterizza questi terreni impervi. Il secondo ostacolo è dato dalla ripida pendenza dei suoli, talvolta superiore al 35%. Infine, la terza difficoltà risiede nell’impossibilità di meccanizzare i processi lavorativi. Mentre nelle Langhe occorrono circa 500 ore per curare un ettaro di vigneto, a Carema se ne richiedono almeno duemila. Le ceste colme d’uva vengono trasportate giù per la valle sui fragili spalle degli operai, aiutati da morbidi cuscini che alleviano il peso del carico.Questi viticoltori non sono solo produttori di vino: sono guardiani della tradizione e difensori dell’ambiente circostante. Ogni giorno affrontano le avversità del clima montano e le difficoltà logistiche con determinazione e passione. La loro dedizione alla terra e alla vite li rende veri eroi moderni, capaci di trasformare le sfide in opportunità e mantenere viva l’eredità millenaria della viticoltura in montagna.