L’attuale accordo tra Israele e Hamas, delineato come un’operazione di liberazione degli ostaggi, rappresenta un fragile punto di svolta in un conflitto dalle radici profonde e dalle conseguenze umanitarie devastanti.
Lungi dall’essere una soluzione definitiva, si tratta di un’opportunità che, se colta, potrebbe aprire una via, seppur impervia, verso un cessate il fuoco più duraturo.
Tuttavia, come sottolinea Flavio Lotti, presidente della Fondazione Perugia-Assisi, non può essere interpretato come la conclusione del drammatico genocidio che affligge Gaza e i territori palestinesi.
La possibilità di una vera pace, una pace che trascenda la mera assenza di ostilità, è intrinsecamente legata alla cessazione dell’assedio e dell’occupazione militare israeliana.
Un accordo che ignori le cause strutturali del conflitto – l’espropriazione storica, la negazione dei diritti fondamentali e la mancanza di autodeterminazione per il popolo palestinese – è destinato a essere una soluzione temporanea, fragile e insoddisfacente.
La giustizia, l’equità e il riconoscimento inalienabile dei diritti umani devono costituire il fondamento di qualsiasi progresso verso una convivenza pacifica.
Lotti esprime un’auspicio diffuso, sperando che lo stesso approccio negoziato possa presto trovare applicazione nel contesto ucraino, dove la guerra ha generato una catena di sofferenze e instabilità globale.
L’esperienza e le lezioni apprese dalle crisi internazionali dovrebbero informare ogni tentativo di risoluzione pacifica, promuovendo un dialogo costruttivo e un impegno concreto per la protezione dei civili.
Un elemento di notevole preoccupazione è l’assenza di un ruolo significativo da parte dell’Unione Europea nel processo negoziale.
La leadership di Donald Trump, pur con i suoi sforzi, solleva interrogativi sull’imparzialità e sulla sostenibilità a lungo termine dell’accordo.
Un coinvolgimento più ampio e inclusivo, che veda la partecipazione di attori internazionali credibili e rappresentativi, sarebbe cruciale per garantire la legittimità e la durabilità di qualsiasi soluzione.
Pertanto, il percorso verso una pace vera e duratura richiede un rinnovato impegno.
La Marcia della Pace, in questo contesto, non è un evento isolato, ma una manifestazione di speranza e di pressione, un monito costante per la comunità internazionale affinché agisca con determinazione e sensibilità, promuovendo la giustizia, la dignità umana e il rispetto dei diritti fondamentali per tutti.
È un invito a non arrendersi alla complessità del conflitto, ma a perseverare nella ricerca di un futuro di convivenza pacifica e prospera per tutti i popoli coinvolti.