martedì 14 Ottobre 2025
11.2 C
Aosta

Amata: Maternità, Fragilità e Scelte Difficili

“Amata”, l’opera prima di Elisa Amoruso, è un’esplorazione cinematografica complessa e profondamente umana, svelatasi inizialmente alle Giornate degli Autori a Venezia e ora distribuita nelle sale.
Il film non si limita a raccontare due storie, ma indaga la maternità – con le sue ambivalenze, le sue paure e i suoi silenzi – attraverso la lente di due esistenze apparentemente distanti, destinate a intrecciarsi in un destino condiviso, pur rimanendo separate.
Nunzia (Tecla Insolia) è una giovane studentessa, lontana da casa e in piena fioritura della sua vitalità, che si trova improvvisamente a confrontarsi con una gravidanza inattesa.
La sua è una condizione di precarietà economica e affettiva, un vortice di incertezze che la spinge a interrogarsi sul senso stesso della sua esistenza e sul futuro che desidera.

Il film segue il suo percorso di scoperta, il suo dolore, le sue paure, ma anche la sua forza interiore e la ricerca di una decisione responsabile.
Al contrario, Maddalena (Miriam Leone) incarna una femminilità agiata e apparentemente completa.

Sposata con il pianista Luca (Stefano Accorsi), vive una vita confortevole, ma è tormentata dall’impossibilità di concepire.
I tentativi ripetuti e gli aborti spontanei la portano a un profondo senso di vuoto e inadeguatezza, mettendo a dura prova il suo matrimonio e la sua autostima.

Maddalena è prigioniera di un’aspettativa sociale, intrappolata in un ruolo che le appare sempre più soffocante.
La regia di Amoruso evita il sentimentalismo facile, preferendo un approccio realistico e intimistico.
Le due protagoniste, pur distanti per condizione sociale ed esperienze di vita, si rivelano accomunate da una profonda fragilità e dalla ricerca di un senso di appartenenza.
La figura della psicologa (Donatella Finocchiaro) emerge come un elemento cruciale, un punto di riferimento per entrambe le donne, offrendo un supporto empatico e professionale che le aiuta a elaborare le loro emozioni e a prendere decisioni consapevoli.
“Amata” non è un film moraleggiante, né offre soluzioni semplici.
Piuttosto, invita a una riflessione profonda sul ruolo della donna nella società contemporanea, sulle pressioni che subisce e sulla difficoltà di conciliare i propri desideri con le aspettative altrui.

Il gesto di affidare un bambino a una “culla per la vita”, presentato nel film, non è dipinto come una sconfitta, ma come un atto di coraggio e responsabilità, una scelta difficile ma potenzialmente salvifica.
Come sottolinea la regista, si tratta di un percorso intriso di dolore e di speranza, che merita comprensione e solidarietà.

Il film si pone come un inno alla resilienza femminile, un invito a guardare oltre i tabù e i pregiudizi, a riconoscere la complessità dell’esperienza materna e a sostenere le donne nel loro percorso di crescita e di autodeterminazione.

- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -