Il Macerata Humanities Festival ha offerto un momento di profonda riflessione e speranza, illuminato dalla presenza di Gino Cecchettin, padre di Giulia, scomparsa tragicamente.
Collegato in diretta da Vienna, dove celebrava il conseguimento della laurea della figlia Elena, Cecchettin ha tessuto un messaggio potente, radicato nel dolore ma proiettato verso il futuro: l’impossibilità di cancellare il passato non deve paralizzare, bensì spingere all’azione, trasformando la sofferenza in un motore di cambiamento positivo.
Il dialogo, moderato dal rettore dell’Università di Macerata, John McCourt, e dalla prorettrice dell’Università di Trento, Barbara Poggio, si è focalizzato sull’importanza di coltivare l’empatia come pilastro per la costruzione di una società più giusta e compassionevole.
Cecchettin ha esortato le nuove generazioni a nutrire sogni ambiziosi, ma concreti, affinché siano ancorati a una solida base di valori e impegno civile.
Un invito a perseguire aspirazioni elevate, senza perdere il contatto con la realtà e le responsabilità che ne derivano.
L’atmosfera è stata resa ancora più toccante dalla performance acustica di Elena Mil, le cui note hanno accompagnato le parole di Cecchettin creando un legame emotivo con il pubblico.
Un gesto di vicinanza è stato espresso anche da Lorenzo Augusto, presidente di Federcasse Bcc, a testimonianza del sostegno alla Fondazione Giulia Cecchettin, nata per promuovere iniziative dedicate alla sensibilizzazione e alla prevenzione della violenza.
Il Festival, sostenuto da Regione Marche, Comune di Macerata e Fondazione Marche Cultura, si configura come un’occasione di approfondimento intellettuale e culturale, affrontando tematiche cruciali per il nostro tempo.
Il programma, ricco e variegato, prevede incontri con figure di spicco come Rossella Miccio, presidente di Emergency, l’attore Andrea Pierdicca, la scrittrice irlandese Catherine Dunne e il giornalista Domenico Iannacone.
Oltre alle tradizionali discipline umanistiche, il Festival si apre a nuove prospettive, dedicando spazio a laboratori creativi per bambini, come “Li dadù de Li Madou”, e a dibattiti costruttivi sull’economia circolare, la giustizia riparativa e il ruolo delle discipline umanistiche nel mondo contemporaneo.
La chiusura, prevista per domani sera al Teatro Lauro Rossi, sarà affidata allo spettacolo “Che ci faccio qui?”, scritto e interpretato da Domenico Iannacone, un’opera che mescola teatro civile e testimonianze dirette, invitando il pubblico a interrogarsi sul senso della vita e sulle responsabilità individuali e collettive.
Il Festival, in definitiva, si propone come un faro di speranza, illuminato dalla memoria di Giulia e dalla volontà di costruire un futuro migliore.







