Blue Tongue: un’emergenza zootecnica che rischia di compromettere il tessuto economico montano marchigianoL’epidemia di Blue Tongue, o febbre blu, che sta affliggendo il settore zootecnico delle Marche, e in particolare le aree centro-meridionali della regione, rappresenta una seria minaccia alla sopravvivenza di numerose aziende agricole e all’economia delle comunità montane.
Al di là delle preoccupazioni immediate legate alla salute del bestiame, l’emergenza rivela fragilità strutturali e una risposta regionale inadeguata che rischia di innescare un effetto domino con conseguenze devastanti per l’intero comparto agricolo.
Le prime segnalazioni di focolai, ormai più di centinaia, hanno messo a nudo una situazione di crescente allarme, acuita dalla lentezza delle reazioni istituzionali e dall’insufficienza delle risorse finanziarie stanziate.
I 100.000 euro attualmente previsti non solo appaiono una goccia d’acqua rispetto all’entità del danno economico subito dagli allevatori, ma testimoniano una visione miope che non considera l’impatto a lungo termine sulla filiera agroalimentare e sulla stabilità sociale delle aree colpite.
La gestione dell’emergenza non si limita alla mortalità diretta del bestiame.
Gli allevatori si trovano gravati da oneri significativi per la vaccinazione, l’utilizzo di repellenti, lo smaltimento delle carcasse, l’integrazione alimentare e, in generale, per mantenere operativa l’azienda in condizioni di forte stress.
Questi costi, spesso imprevisti e ingenti, si sommano alle difficoltà preesistenti, aggravate dalle conseguenze del sisma che hanno già compromesso la resilienza del territorio.
È necessario un cambio di paradigma nella gestione delle emergenze zootecniche.
L’approccio reattivo, basato su interventi tardivi e misure tampone, si è dimostrato inefficace e penalizzante per gli operatori.
Urge una strategia proattiva, fondata sulla prevenzione, sulla diagnosi precoce e sull’attivazione tempestiva di meccanismi di indennizzo adeguati, che tengano conto non solo delle perdite dirette, ma anche dei costi indiretti sostenuti dagli allevatori.
In regioni come l’Umbria, l’adozione di piani di prevenzione e indennizzo strutturati ha permesso di mitigare gli effetti negativi dell’epidemia.
Le Marche, al contrario, sembrano ancora lontane da un modello di gestione efficace, con conseguenze pesanti per il futuro del settore zootecnico e per la tenuta socio-economica delle aree montane.
La trasparenza nella valutazione dei danni, l’accelerazione delle procedure burocratiche e un aumento immediato delle risorse finanziarie sono imprescindibili per arginare la crisi e ripristinare la fiducia degli allevatori.
La responsabilità politica di questa situazione è chiara: la giunta Acquaroli deve assumersi la responsabilità di un intervento più incisivo e lungimirante, non rimandando la decisione di scelte coraggiose che possano salvaguardare il futuro di un settore strategico per l’economia regionale.
La tenuta delle comunità montane e la salvaguardia di un patrimonio agroalimentare unico dipendono da una risposta tempestiva e risolutiva.