La recente polemica relativa alla presunta deviazione di risorse destinate all’arretramento ferroviario tra Pesaro e Fano a favore del progetto del Ponte sullo Stretto si rivela, a detta del Presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, priva di qualsiasi fondamento oggettivo.
La questione, sollevata dall’avversario politico Matteo Ricci, si configura come un tentativo demagogico volto a generare confusione e strumentalizzare l’opinione pubblica in vista delle elezioni regionali.
Acquaroli, forte di verifiche dirette con i vertici di Ferrovie dello Stato e Rete Ferroviaria Italiana, evidenzia come non vi siano stati né finanziamenti allocati, né impegni presuntivi, relativi a interventi specifici sulla tratta marchigiana.
La visione, lungi dall’essere una priorità definita, si è delineata in una fase preliminare, interrotta con la successione del governo e l’adozione di una strategia radicalmente differente.
Il cambio di paradigma, secondo il Presidente, si concretizza nell’abbandono di interventi incrementali e parziali sulla linea esistente, a favore di un investimento strategico a lungo termine volto alla realizzazione di una nuova linea adriatica ad alta velocità, equiparabile alla dorsale tirrenica.
Questa scelta, lungi dall’essere un’occasione persa, rappresenta una visione lungimirante, essenziale per la competitività futura della regione e dell’intera area adriatica.
L’avvio della redazione del Documento di Impatto Funzionale (DocFap) per l’intera tratta, l’attraversamento del territorio marchigiano compreso, e la nomina di un Commissario di Governo con l’incarico specifico di rendere la progettualità una priorità nazionale, testimoniano l’importanza attribuita a questo investimento.
Le discussioni precedenti, risalenti all’estate del 2022, avevano valutato ipotetici interventi “in tamponatura” sulla linea esistente, ritenuti però impraticabili, se non per piccoli lotti provinciali.
Il nuovo approccio, orientato a una linea dedicata, mira a risolvere una storica disparità infrastrutturale, a colmare un divario che penalizza Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e la parte settentrionale della Puglia, relegando queste aree a uno sviluppo inferiore rispetto alle regioni tirreniche.
Il completamento di questa infrastruttura non è solo una questione di velocità, ma un imperativo per lo sviluppo economico, sociale e culturale di un’intera fascia del Paese, un fattore cruciale per competere in un’economia globale sempre più esigente e per garantire che il territorio non rimanga ancorato a standard infrastrutturali obsoleti, condannandolo a un isolamento che ne comprometterebbe il potenziale di crescita e innovazione.
La visione è quella di un futuro in cui l’Adriatico non sia più un confine, ma un ponte verso lo sviluppo.