Un’onda di luce tremolante, generata dai foni dei cellulari alzati come lanterne, ha illuminato le strade di Ascoli Piceno, un tributo silenzioso e commovente alla catastrofe umanitaria che affligge Gaza.
La scritta “È un genocidio” campeggiava su uno striscione, un grido di denuncia che si univa al cordoglio e alla solidarietà espressa dalla comunità locale.
La marcia, un corteo solenne e rispettoso, ha visto la partecipazione di circa duecento professionisti sanitari, infermieri, medici, volontari, provenienti sia da strutture pubbliche che private, uniti da un profondo senso di umanità e responsabilità.
L’iniziativa “Luci sulla Palestina – Cento ospedali per Gaza”, un movimento che ha visto l’adesione simultanea di una miriade di ospedali in tutta Italia, ha scelto di onorare i caduti del sistema sanitario gazzawi, coloro che hanno dedicato la loro vita alla cura degli altri, sacrificando spesso la propria sicurezza e il proprio benessere.
La mega-bandiera palestinese, portata con dignità orizzontale, rappresentava un simbolo di speranza e resilienza di fronte all’immane sofferenza.
Accanto, i vessilli arcobaleno, espressione di una comunità che abbraccia la diversità e l’inclusione, sottolineavano l’universalità dei diritti umani e la necessità di proteggere le persone vulnerabili, indipendentemente dalla loro origine o fede.
Il momento più toccante della serata è stata la lettura pubblica, davanti all’ospedale Mazzoni, dei nomi dei cento operatori sanitari – medici, infermieri, tecnici, volontari – che hanno perso la vita in servizio, colpiti direttamente o indirettamente dalle violenze e dalla distruzione che hanno devastato le strutture sanitarie di Gaza.
Ogni nome pronunciato risuonava come un monito, un appello urgente per un cessate il fuoco immediato, per l’accesso incondizionato agli aiuti umanitari, per la protezione dei civili e del personale medico che opera in condizioni disumane.
La marcia, partendo dal Centro Venerabile Marcucci di Monticelli, non è stata solo una manifestazione di protesta, ma un atto di memoria, un gesto di solidarietà concreta e un richiamo alla coscienza collettiva, un’affermazione del diritto alla vita e alla dignità umana, anche in un contesto di conflitto e devastazione.
Era un invito a non dimenticare, a rimanere vigili e a continuare a sostenere la causa di un futuro di pace e giustizia per la Palestina.







