La questione infrastrutturale marchigiana si configura come un nodo cruciale nell’attuale campagna elettorale regionale, sollevando interrogativi profondi sulla gestione delle risorse pubbliche e sulle priorità strategiche per il territorio.
L’aspro confronto tra l’eurodeputato dem Matteo Ricci e il leader della Lega, Matteo Salvini, trascende la mera critica politica, toccando corde sensibili legate alla percezione di abbandono e alla frustrazione per promesse disattese.
Le accuse mosse da Ricci non si limitano a contestare la presunta deviazione di fondi destinati all’arretramento ferroviario a favore del Ponte sullo Stretto di Messina, ma inquadrano un quadro più ampio di scelte infrastrutturali discutibili, che rischiano di compromettere la coesione territoriale e lo sviluppo economico delle Marche.
L’arretramento ferroviario, progetto di vitale importanza per la modernizzazione della rete e il miglioramento della sicurezza, si sarebbe trasformato, a detta di Ricci, in una vittima sacrificale di un’agenda politica centralizzata, che antepone opere simboliche a interventi concreti e necessari per il territorio.
La polemica sulla galleria della Guinza, evocata con amarezza da Ricci, diventa metafora di una visione limitata e miope, incapace di concepire infrastrutture innovative e interconnesse, in grado di connettere il litorale adriatico con quello tirrenico.
L’auspicio di una soluzione infrastrutturale più ampia, una vera e propria arteria strategica che favorisca gli scambi commerciali e il flusso turistico, contrasta con la realizzazione di un’opera considerata marginale e unidirezionale.
Ma il confronto elettorale non si esaurisce nel dibattito infrastrutturale.
Ricci, con un virgoletto che interviene sulla scena internazionale, pone l’attenzione sulla questione palestinese, assumendo una posizione netta a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina e criticando aspramente le scelte politiche di Netanyahu.
Questa presa di posizione, in rottura con una certa retorica dominante, sottolinea una diversa concezione della politica estera, improntata alla solidarietà internazionale e alla difesa dei diritti umani.
La scelta elettorale, per Ricci, si configura come una dicotomia tra continuità e cambiamento, tra mediocrità e speranza.
Si tratta di decidere se affidare il futuro delle Marche a una politica autoreferenziale, che perpetua gli errori del passato, o abbracciare una visione più audace e innovativa, capace di trasformare il territorio e proiettarlo verso un futuro di prosperità e coesione sociale.
La sfida è ardua, ma l’opportunità di costruire un futuro migliore per le Marche è concreta e tangibile.








