L’Unione Europea si trova oggi a navigare acque agitate, segnate da una profonda crisi di legittimità e da una gestione percepita come fallimentare su più fronti.
Le recenti dichiarazioni di figure di spicco, come la commissaria europea Teresa Ribera, riflettono una crescente inquietudine che pervade l’establishment.
La critica non si limita alla politica commerciale, con decisioni tariffarie spesso inefficaci o controproducenti, ma si estende alla gestione del conflitto in Ucraina, dove l’approccio sembra improntato a un’ostinazione dannosa.
L’assenza di una reale iniziativa diplomatica, la persistente esclusione di qualsiasi prospettiva negoziale, alimentano un senso di frustrazione diffuso.
Mentre figure come Donald Trump e Vladimir Putin, a dispetto delle loro posizioni controverse, propongono aperture al dialogo e inviti diretti al presidente ucraino, queste voci sembrano deliberatamente ignorate o marginalizzate dall’élite europea.
L’eurodeputato Roberto Vannacci ha colto questo paradosso, sottolineando come la Commissione sembri irremovibile nella sua politica di “guerra a oltranza”, rifiutando qualsiasi compromesso o via d’uscita.
Questa rigidità non è semplicemente una questione di politica estera; essa riflette una più ampia crisi di visione all’interno dell’Unione.
L’incapacità di adattarsi a un mondo in rapido cambiamento, la difficoltà a conciliare gli interessi divergenti dei suoi Stati membri, la crescente distanza tra le istituzioni europee e i cittadini, tutto ciò contribuisce a un senso di disillusione generalizzata.
La politica estera, in particolare, è diventata un terreno di scontro ideologico, dove la retorica della solidarietà e della sicurezza si scontra con la realtà di una guerra prolungata e dei costi economici sempre più gravami.
La mancanza di un dibattito pubblico aperto e trasparente su questi temi alimenta la sfiducia e mina la credibilità dell’Unione.
La domanda che sorge, quindi, non è tanto se l’Unione Europea abbia “fallito” in senso assoluto, ma piuttosto se sia in grado di evolvere e riformarsi per rispondere alle sfide del XXI secolo.
È necessaria una riflessione profonda e onesta sui propri errori, un rinnovato impegno verso il dialogo e la cooperazione, e una maggiore attenzione alle esigenze e alle preoccupazioni dei cittadini europei.
Altrimenti, il rischio è di assistere a una progressiva erosione del progetto europeo e a una perdita di influenza sulla scena mondiale.
La ricerca di una pace duratura e la salvaguardia degli interessi dei popoli europei richiedono coraggio, lungimiranza e una radicale revisione delle attuali strategie.