Un episodio di inaudita violenza ha scosso la Casa Circondariale di Brissogne, dove un detenuto ha feriatamente aggredito due agenti di polizia penitenziaria, costringendoli a un ricovero ospedaliero con prognosi stimata a trenta giorni.
L’atto, descritto dai sindacati Osapp e Sinappe come inspiegabile in apparenza, non rappresenta un evento isolato ma si inserisce in un contesto di crescente preoccupazione per la sicurezza e il benessere del personale che opera all’interno del sistema penitenziario valdostano e, più in generale, nazionale.
La gravità della situazione è stata sottolineata dal vice segretario regionale del Sinappe, Matteo Ricucci, che ha premonitivamente parlato di un’escalation della violenza, esacerbata da dinamiche complesse e da una gestione detentiva, soprattutto in relazione a detenuti stranieri, che si è progressivamente deteriorata nel corso degli anni.
Questa deriva non è un mero problema operativo, ma una manifestazione sintomatica di un sistema penitenziario afflitto da croniche carenze strutturali, organizzative e di risorse umane.
La mancanza di un ripensamento profondo delle politiche detentive, focalizzate sulla riabilitazione e il reinserimento sociale, favorisce un clima di tensione e frustrazione, terreno fertile per comportamenti aggressivi e violenti.
Le parole di Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, amplificano ulteriormente l’allarme.
L’episodio di Brissogne è la diretta conseguenza di un abbandono strutturale del personale di polizia penitenziaria, lasciato privo di adeguati supporti logistici, di formazione specializzata e di misure di protezione efficaci.
La progressiva assunzione di controllo degli ambienti detentivi da parte di elementi marginali e problematici, pur evidente, non suscita una risposta istituzionale tempestiva e incisiva.
Si percepisce una sorta di “normalizzazione” della violenza, un’inerzia pericolosa che sottrae dignità e sicurezza agli operatori penitenziari, esponendoli a rischi crescenti.
L’episodio solleva interrogativi urgenti sulla necessità di un cambio di paradigma nella gestione carceraria.
Non si tratta solo di aumentare il numero di agenti, ma di investire in formazione mirata, in strumenti di prevenzione della radicalizzazione, in programmi di mediazione culturale e in un rafforzamento del dialogo tra istituzioni, operatori penitenziari, detenuti e comunità esterne.
È imperativo riconoscere che la sicurezza carceraria è un fattore cruciale per la sicurezza pubblica, e che il benessere del personale penitenziario è un prerequisito fondamentale per il raggiungimento di tale obiettivo.
Un sistema penitenziario sano e funzionante è un investimento nel futuro della società, un baluardo contro la recidiva e un motore di inclusione sociale.
La tragedia di Brissogne deve fungere da campanello d’allarme, spingendo a un’azione concreta e coordinata per proteggere chi protegge gli altri e per garantire un sistema penitenziario realmente capace di riabilitare e reinserire i detenuti nella società.