mercoledì 10 Settembre 2025
9.1 C
Aosta

Della Bordella e Majori: Prima Salita Invernale sulla Via Casarotto

Un Inverno di Pietra e Memoria: Della Bordella e Majori Tracciano la Prima Salita Invernale della Via Casarotto sul Fitz RoyL’imponente Pilastro Goretta del Fitz Roy, gigante di roccia e ghiaccio che domina il cuore della Patagonia argentina, ha visto recentemente un’impresa che la consacra ulteriormente nell’immaginario dell’alpinismo: la prima salita invernale della via Casarotto, realizzata dagli alpinisti Matteo Della Bordella e Marco Majori.

Questa ascesa non è solo una performance tecnica di altissimo livello, ma anche un omaggio a un pioniere, un legame affettivo tra generazioni e un profondo rispetto per la potenza inesorabile della montagna.

La via Casarotto, intitolata a Sergio Casarotto, figura leggendaria dell’alpinismo italiano, rappresenta un’icona di audacia e abilità.
Casarotto, scomparso tragicamente sul K2 nel 1986, aveva già scritto una pagina indelebile nella storia del Fitz Roy nel gennaio del 1979, coronando la cima principale in solitaria, un’impresa ritenuta unica nel suo genere per l’intero massiccio.

La via, con i suoi oltre 1500 metri di sviluppo, presenta passaggi di artificiale e difficoltà fino al settimo grado, configurandosi come una delle sfide più complesse e impegnative dell’intera regione patagonica.

Affrontare la parete in inverno, in un ambiente di freddo estremo e isolamento quasi assoluto, ha messo a dura prova la resistenza fisica e mentale degli alpinisti.
“Essere sospesi tra la roccia e il cielo, in quelle condizioni, ti fa sentire infinitamente piccolo di fronte alla grandezza della montagna,” riflette Della Bordella.

La finestra meteorologica favorevole si è fatta attendere, generando incertezze e momenti di frustrazione.

Tuttavia, la filosofia patagonica, che esige perseveranza e determinazione incrollabile, ha premuto affinché gli alpinisti non si arrendessero.
La sfida non si è limitata alle condizioni atmosferiche avverse.

La via Casarotto, con i suoi trentacinque tiri e i suoi 1300 metri di parete, richiede un’organizzazione logistica impeccabile e un’esecuzione precisa di ogni movimento.
In inverno, il tempo a disposizione si riduce drasticamente, intensificando la pressione e la necessità di ottimizzare ogni azione.

“La via rimane la stessa, ma il tempo stringe,” spiega Della Bordella, sottolineando la difficoltà di gestire la logistica in condizioni di luce limitata e temperature glaciali, che oscilla tra i -20°C durante la notte e i +5°C nelle ore centrali esposte al sole.

L’impresa assume un significato ancora più profondo se consideriamo il legame emotivo che unisce Majori alla figura di Casarotto.

“È un sogno che coltivavo fin da bambino,” racconta Majori, rivelando una storia familiare intrisa di passione per l’alpinismo.
Suo padre, compagno di Casarotto in precedenti spedizioni, aveva immortalato l’alpinista in una fotografia in bianco e nero, appesa poi in casa.

Quel piccolo Casarotto, appeso alla parete, ha rappresentato un’ispirazione costante per Majori, un simbolo di coraggio e determinazione.

“Crescere con un’immagine così ti fa inevitabilmente sognare,” conclude Majori, esprimendo l’emozione di aver finalmente realizzato quel sogno, ripercorrendo le orme di un eroe dell’alpinismo e onorandone lo spirito avventuroso, quello di un pioniere che amava la montagna, sopra ogni cosa.

- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -